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I possibili effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità forestale
catura, ma soltanto della presa d’atto che si tratta di argomento com-
plesso, risultante dalla categorizzazione di diverse componenti. FOCUS
In prima approssimazione potremmo pensare ad una diversità struttu-
rale (DS) distinta da una diversità funzionale (DF); anche ad una diversità
evolutiva (DE), ed altro. Tutte concorrono alla categoria generale della
biodiversità, ma dipendono da fattori del tutto diversi. Per DS, i dati ba-
sati sulle forme biologiche danno ottimi risultati. Per DF si hanno i va-
lori di bioindicazione ecologica (Zeigerwerte) secondo Ellenberg. Per
DE si ha un’importante informazione attraverso i corotipi, perchè essi
riflettono i fattori ambientali che hanno avuto un ruolo selettivo nei
processi di speciazione. Si tratta dunque di costruire una banca dati, do-
ve, partendo dalle specie, si possa arrivare a diversità, valori di
Ellenberg, corotipi e forme biologiche: la software Ellenberg 2000 ad
es., recentemente entrata in uso, offre la possibilità di calcolare ed ela-
borare questo tipo di dati. Altri fattori possono essere presi in conside-
razione. Di questo se ne è discusso nel workshop European Vegetation
Survey il 22 marzo, a Roma (Orto Botanico).
2.c. È chiaro che i vari fattori avranno caso per caso andamento dif-
ferente ed anche contraddittorio. Per arrivare a capirne il significato, la
comparazione richiede dunque molta attenzione. Ad es., tornando al
passaggio da AF a FC, si può ipotizzare che la fase intermedia, instabi-
le, abbia alta entropia, bassa DS, bassa DE, ed alta DF, ma anche scena-
ri differenti sono possibili. Allora, che cosa ci interessa veramente?
Esaminiamo alcuni fatti rilevanti per l’equilibrio dell’ambiente fore-
stale. Nella fase instabile si hanno specie molto produttive, ed esse pro-
ducono materia organica “sequestrando” la CO 2 che causa il cambio
climatico: allora, si potrebbe pensare che questa fase sia meglio delle
comunità mature. Invece io ritengo la fase intermedia un peggioramen-
to rispetto alle cenosi mature, perché essa comporta una generale rottu-
ra delle relazioni ecosistemiche. Di conseguenza, aumenta la demoli-
zione dell’humus nel suolo, mancano le comunità di consumatori per la 8
mineralizzazione della lettiera: calano i meccanismi di omeostasi ed il n.
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sistema rimane alla dura legge del II Principio; per il ripristino di una III
comunità matura saranno necessari tempi lunghi. Soltanto la comunità
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