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I possibili effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità forestale


               fondite separatamente: come in effetti faremo. Comunque la risposta
         FOCUS (3) su quale possa essere l’effetto del cambio climatico sulla biodiversi-
               tà – ad esempio della faggeta – rimane, secondo me, a livello di mera
               congettura.

                  1.a. Cerchiamo di immaginare una condizione ben nota e studiata:
               una abetina-faggeta del Bellunese (Cadore, Comelico) a 1300 m, chia-
               miamola AF. Se la temperatura aumenta (ma il cambio climatico non è
               soltanto riscaldamento!), AF dovrebbe essere sostituita dal consorzio
               forestale della fascia immediatamente sottostante, cioè una faggeta eu-
               trofica come la faggeta a Cardamine, chiamiamola FC. Già in questa ipo-
               tesi c’è un fattore di incertezza: si potrebbe pensare ad una sostituzione
               diretta, cioè il faggio diviene aggressivo e si espande soffocando l’abete
               bianco, ma nella realtà le cose andranno in maniera più complicata.
               Infatti, con il riscaldamento (e conseguente peggioramento delle condi-
               zioni idriche) dapprima non succederà nulla (anni poco piovosi ci sono
               sempre stati). Poi, con il ripetersi dell’effetto, le conifere andranno in
               crisi, ma a questo punto probabilmente interviene l’uomo, abbatte gli
               alberi sofferenti, crea delle gaps che saranno riempite da specie eliofile
               a crescita rapida (betulla, sorbo?) ed il faggio si troverà a sua volta in
               difficoltà e potrà espandersi soltanto in tempi lunghi. Si può dunque
               prevedere che il riscaldamento del clima avvii una fase di instabilità, ed
               il passaggio ad un consorzio misto in evoluzione. Quanto ai tempi lun-
               ghi, mi viene in mente la battuta di Keynes: «a lungo termine siamo tut-
               ti morti».
                  Si giunge così ad una prima conclusione interlocutoria: il modello li-
               neare (come AF       FC) comporta una semplificazione troppo drasti-
               ca, ed è inadatto a rappresentare la dinamica di un sistema complesso
               dotato di capacità di auto-organizzazione ed omeostasi, come è il vi-
               vente e, nel caso specifico, la faggeta.


                  1.b. Se cerchiamo di immaginare quale sia la composizione del con-
               sorzio in evoluzione (e di conseguenza la sua diversità), possiamo pre-
               vedere che le specie-guida di AF, ad es. Oxalis acetosella, tendano a rare-
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               farsi, ma si manterranno in nicchie protette (relitti), mentre compari-
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