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Alla scoperta della geografia dell’immaginario


               torio reale. Come è possibile ciò? È possibilissimo, perché i cartografi
         FOCUS del suo racconto a forza di essere vieppiù precisi e minuziosi allo scopo
               di accontentare le sempre più pressanti richieste del loro sovrano, alla fi-
               ne realizzano una pianta così esatta da essere grande proprio come il
               Paese che deve raffigurare, al punto da sovrapporsi esattamente ad esso!
                  Metafisica della geografia, si dovrebbe dire, e sottile simbologia della
               nostra esistenza, secondo Borges: il Reale e il Fantastico sono simili e
               dissimili, uguali e contrari, diversi ma combacianti. Una specie di coinci-
               dentia oppositorum letteraria e geografica: noi viviamo in un mondo reale
               e allo stesso tempo in un mondo di fantasia. E magari non lo sappiamo,
               magari il nostro viaggiatore crede di attraversare un Paese conosciuto e
               invece non sa di attraversare, contemporaneamente, un Paese sconosciuto,
               occulto, nascosto, creato dall’opera certosina di geografi maniaci, pas-
               sando senza soluzione di continuità da questo a quello, e viceversa...
                  Questo gioco degli equivoci vale, in Borges, anche per i libri: c’è per
               esempio il protagonista di Pierre Menard, autore del Chisciotte, che vuole ri-
               fare l’opera di Cervantes “parola per parola”, ma alla fine è così preciso
               e minuzioso che il risultato è una sua copia. Ma, dice lo scrittore con so-
               fistica sottigliezza, una copia uguale ma diversa perché compilata da un
               altro, un francese e non uno spagnolo, un uomo di un tempo successi-
               vo, che non voleva in realtà copiare ma solo fare una cosa uguale e di-
               versa... L’ambiguità del mondo si manifesta nei luoghi, nei libri e nei
               personaggi: sono infatti innumerevoli le narrazioni di Borges con al
               centro il problema del “doppio”.
                  E prendiamo infine John Ronald Reuel Tolkien, il filologo di Oxford
               affetto da quello che lui stesso definisce “un vizio segreto”, vale a dire
               inventare nuovi linguaggi, lingue immaginarie. Vizio innocuo? Non si
               direbbe se il risultato è stata alla fine la creazione di un Mondo
               Secondario, quello della Terra di Mezzo descritto in Lo Hobbit, Il Signore
               degli Anelli e Il Silmarillion, il secondo dei quali sembra abbia venduto
               cento milioni di copie in tutto il mondo. Infatti, si chiedeva il professor
               Tolkien: ma chi parlerà le lingue che ho inventato? Quindi immaginò gli
               esseri che le parlavano, la terra che ospitava questi esseri, la sua geogra-
               fia dettagliata, gli animali, le piante, eccetera eccetera. Una vera pseudo-
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               geografia, per non parlare di pseudostoria e altro.
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