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Il pianeta assetato
acque di questo storico fiume riforniscono una popolazione che nel
FOCUS 2025 potrebbe arrivare a 859 milioni di persone e creare le premesse
dello scenario delineato in uno speciale sulla guerra dell’acqua pubbli-
cato sul sito “Analisidifesa.it”, dove viene affermato che «proprio il
gran numero d’etnie e stati rivieraschi, con i tradizionali attriti fra popo-
lazioni a monte e a valle del flusso e con la presenza nel bacino della
potenza politico-militare egiziana, sono i fattori che potenzialmente
potrebbero portare ad una crisi nel bacino del Nilo». 8
L’uso dell’acqua del Nilo è regolamentato da un accordo raggiunto
nel 1929 (riesaminato trent’anni dopo), che conferisce a Egitto e
Sudan il diritto di stabilire se altri Paesi del bacino possono usare que-
sta risorsa.
Uno dei principali motivi di attrito fu la costruzione della diga di
Assuan da parte dell’Egitto. Lo sbarramento, concluso nel 1970, provo-
cò lo sgombero di 100mila sudanesi e relative tensioni con il paese vici-
no. Perfino l’Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese bloccò la co-
struzione del canale di Jongle, un progetto di ingegneria egiziano-suda-
nese. Negli anni Sessanta l’Egitto riuscì a bloccare l’approvazione di un
prestito internazionale per la costruzione di 29 dighe per lo sfruttamen-
to idroelettrico e l’irrigazione sul Nilo Azzurro quando era in Etiopia,
che avrebbe ridotto dell’8,5 per cento la capacità dei serbatoi egiziani.
Nel 1999 in Tanzania si portò a termine la riunione del Consiglio
dei Ministri degli Affari relativi alle Acque del Bacino del Nilo. I dieci
Paesi sottoscrissero un accordo strategico cercando di risolvere i loro
conflitti attraverso la realizzazione di un piano che prevedeva di «rag-
giungere uno sviluppo socioeconomico sostenibile attraverso l’equo
utilizzo delle risorse idriche, riconoscendo i diritti di tutti i Paesi ba-
gnati dal fiume all’uso delle risorse del Nilo per promuovere lo svilup-
po entro i propri confini».
Anthony Turton, responsabile dell’African Water Issues Research
Unit (Awiru) all’Università di Pretoria, suggerisce una soluzione alle an-
nose controversie. Secondo l’esperto sudafricano, i dieci Paesi dovreb-
bero cambiare la prospettiva di «spartizione dell’acqua» in un’altra, di
«spartizione dei benefici». Ciò significherebbe alleviare il carico politico
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del fiume e stabilire il suo uso ottimale. La montagnosa Etiopia potreb-
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