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La lezione di Aldo Leopold e le prospettive in Italia dell’etica ambientale
sul mondo. Di questo “risveglio”, di questo dischiudere gli occhi sul
mare della molteplicità, parla in modo molto efficace il capitolo Grandi
possedimenti.
L’importanza del capitolo in questione si può desumere, tra l’altro,
dal fatto che Leopold aveva dato proprio questo titolo, Great Possessions,
al suo testo, titolo che quando nel ’48 il libro fu accettato per la pubbli-
cazione dall’Oxford University Press, venne cambiato in quello attuale.
Leopold inizia ironicamente il capitolo scrivendo: «Secondo l’impie-
gato della contea, i miei possedimenti mondani si estendono per cin-
quanta ettari, ma quello è un tipo sonnolento, che non consulta mai i
suoi registri prima delle nove di mattina. Il punto è che cosa essi mo-
strerebbero all’alba…». Pensare, come fa l’impiegato della contea, un
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possedimento secondo la logica dell’unico e assoluto ius utendi ac abuten-
di, significa pensarlo in maniera errata, per l’incapacità di incontrare gli
altri viventi che proclamano altri diritti di uso del territorio. Ma
Leopold non è «un tipo sonnolento». Ama, «con un bricco di caffè e un
quaderno», varcare la soglia di casa nelle mattine di luglio prima dell’al-
beggiare, sedersi «su una panca, rivolto alla bianca stella del mattino» e
mettersi in ascolto. Ascolta un susseguirsi di proclami: quelli del passe-
ro, del pettirosso, del rigogolo, dello zigolo, dello scricciolo. Poi «ha ini-
zio un vero pandemonio: frosoni, mimidae, cutrettole gialle, uccelli az-
zurri, vireoni, fringuelli, cardinali, tutti vi prendono parte». A questo
punto anche un orecchio esperto come il suo non è più in grado di di-
stinguere le voci. Passa quindi in compagnia del cane a ispezionare i
propri possedimenti, anche lui per proclamarne il possesso. Ma questa
lezione antelucana gli ha fatto prender coscienza del fatto che non può
affermare il suo diritto di proprietà come diritto assoluto. È un diritto
di proprietà che deve accordarsi con tutti gli altri diritti di proprietà
proclamati dagli altri viventi.
Per rendere compatibili fra loro questi molteplici usi e punti di vista,
occorre passare dalla logica della differenza alla logica dell’unità.
Occorre vedere che in tutti gli utenti c’è un interesse comune: l’interes- 6
se per la rinnovabilità delle risorse. Occorre imparare a «pensare come n.
una montagna». Così facendo, giungiamo a vedere il mondo come «ca- - II
sa comune».
Anno
SILVÆ 115