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Alla ricerca delle radici mitologiche del Circeo


                  Il mondo magico «esiste, perché esiste una concezione dell’universo
               tale da reggere la sua posizione; esso apre le sue porte, diventando rea-
               le per coloro nella cui mente si sia avverata la trasformazione degli ele-
               menti spaziali e temporali che reggono il suolo, la parola», il gesto, lo
                                                                          10
               sguardo e il movimento.






               Note


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                Come si può constatare il nostro sforzo consiste nell’“analizzare” il simbolo per poi tradur-
               lo nel nostro linguaggio usuale.
               2  È di questo avviso M. Brandon Albini (Mezzogiorno vivo, Ercoli 1965 Milano) che a pag. 77
               parlando della magia contadina sostiene: «L’uomo è come perduto in mezzo ad un universo
               ostile e sconosciuto, misterioso. Le sue possibilità di agire liberamente sono limitate. Il ciclo
               cosmico stagionale scandisce la vita dell’individuo e di tutta la comunità del villaggio.
               L’impotenza, la paura, creano una specie di passività, sorgente forse essenziale di questa ma-
               gia contadina immemorabile…».
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                Eurìloco è il borghese in senso hessiano: «… tenta insomma di inserirsi nel mezzo tra gli
               estremi, in una zona temperata e sana, senza burrasche e temporali, e ci riesce, ma rinuncian-
               do a quell’intensità di vita e di sentimento che offre una vita rivolta all’assoluto e all’estremo.
               Vivere intensamente si può solo a scapito dell’io. Il borghese però non stima nulla quanto l’io
               (certamente un io di sviluppo soltanto rudimentale). A spese dell’intensità egli ottiene dun-
               que conservazione e sicurezza, invece che ossessione divina raccoglie tranquillità di spirito,
               invece che piacere agio, invece che libertà comodità, invece che ardenza mortale una tempe-
               ratura gradevole. Per sua natura dunque il borghese è una creatura di debole slancio vitale,
               paurosa, desiderosa di evitare rinunce, facile da governare. Perciò ha sostituito al potere la
               maggioranza, alla violenza la legge, alla responsabilità la votazione». Hermann Hesse: Il lupo
               della steppa, Mondadori, 1978, da “Dissertazione XVII”.
               4  G.M. Germani: Ulisse, Circe e l’erba moli nella tradizione arcaica e nella realtà politica, Roma 1934.
               5  Mircea Eliade: Il mito dell’eterno ritorno, Rusconi, Milano 1973.
               6
                Esther Harding: Il mistero della donna, Ubaldini Astrolabio, 1973, Roma: pag. 76.
               7  Per quanto ci riguarda non è esatto parlare unicamente di inconscio, vocabolo giusto per i
               tempi moderni, ma affatto insufficiente per la concezione del mondo e le azioni dell’uomo
               arcaico.
               8
                Esther Harding: op. cit. pag. 60.
               9  L’agricoltore è come se fosse immortale: anche dopo la sua morte l’“opera” con la terra ver-
               rà continuata attraverso il suo erede e finché esiste il tempo esiste l’agricoltore.
          Anno
               10  Il brano citato è di Claudio Rugafiori dal libro di René Daumal Il Monte Analogo, Adelphi,
          II
          -
               1977, Milano: pag. 179.
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