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Alla ricerca delle radici mitologiche del Circeo


               gari a “riempirsi il ventre”. Ulisse si precipita verso la dimora della ma-
               ga Circe, ma sulla strada incontra il dio Mercurio che gli offre l’erba
               “moli” contro la quale i malefici di Circe nulla potranno.
                  Su questa erba moli c’è persino chi si è “divertito” a cercarne la pre-
               cisa collocazione. G.M. Germani contestando la tradizione medievale,
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               riferita dal Castiglioni, che identifica l’aglio con l’erba moli, è del parere
               che l’erba omerica corrisponda per le sue proprietà alla mandragora
               (Mandragora officinarum Miller o Atropa Mandragora L.) che secondo un
               autore ponzese è usata nell’isola di Ponza come narcotico.
                  Germani dice: «E proprio della Mandragora aveva bisogno Ulisse,
               per essere refrattario alla seduzione circea (…) L’eroe ha bisogno di do-
               minarsi per essere insensibile ai filtri amorosi, per poter dominare la
               Dea e liberare i compagni. La Mandragora gli ottunde la sensibilità. I
               sensi sono vinti. L’eroe ha vinto, la Dea non più incantatrice e padrona,
               ma debole femmina che gli si offre a discrezione».
                  Che l’erba moli fosse aglio, mandragora o qualcos’altro per noi ha
               poca importanza: l’erba moli vuol essere ed è unicamente un simbolo.
               Ogni realtà, per essere realtà, è una ripetizione dell’archetipo, quindi
               ogni oggetto è il ricettacolo di una forza esterna. La stessa cosa vale per
               le proprietà curative e magiche di determinate erbe: esse sono curative
               perché hanno un modello celeste, esse sono magiche perché per la pri-
               ma volta sono state colte da un dio. Nessuna erba è curativa per le sue
               proprietà caratteristiche, ma nella misura in cui partecipa, come ogni al-
               tro oggetto, a un archetipo, viene isolata dallo spazio profano e diventa
               curativa, magica e quindi efficace. I cristiani dicevano: «Tu sei santa, ver-
               bena, quando cresci sulla terra, poiché per la prima volta sul monte del
               Calvario ti si trovò», altri ancora: «Betonica, tu sei stata trovata per la
               prima volta da Esculapio o dal centauro Chirone…» e così via. Quindi
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               la tela, così come l’erba moli, non hanno valore in sé stesse, ma acqui-
               stano valore solo nella misura in cui partecipano ad una realtà che le tra-
               scende.
                  Ulisse, pur in possesso dell’erba moli, arriva emozionato alla dimora
               di Circe.
                                in gran tempesta m’ondeggiava il core
          Anno
          II
                                                 (verso 401)
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