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Alla ricerca delle radici mitologiche del Circeo


            tutte le analoghe situazioni che si ripresentano nei diversi tempi.
               La memoria collettiva può fare a meno della storia, e anche la poesia
            epica che non è in genere una creazione collettiva ma dipende dal talen-
            to più o meno grande del “creatore”, non può fare a meno di “risenti-
            re” della trasformazione degli avvenimenti storici in fatti mitici.
               Così il “creatore” della poesia epica non è più tanto l’individuo con
            la propria “personalità”, ma il “portatore” attivo, non accetterà l’indivi-
            duale, declamerà unicamente l’universale e l’esemplare.
               Sia però la trasformazione degli individui in archetipi che degli avve-
            nimenti in categorie, avviene sempre conformemente alla visione del
            mondo e alla concezione del cosmo in cui era “immerso” l’uomo arcai-
            co, e ci rivela non semplicemente una resistenza alla particolarità, ma una
            visione severa e addirittura terribile della individualità umana, cioè il suo
            carattere di caducità nei confronti della perenne “realtà” dell’archetipo.
               Abbiamo detto che il solo Eurìloco non entra nella dimora di Circe:
            «io no che sospettai di frode» (verso 334), ma la sua più che prudenza o
            saggezza è paura; infatti quando Ulisse si accinge ad accorrere in aiuto
            dei suoi compagni trasformati in porci, viene fatto oggetto del tentati-
            vo di persuasione da parte di Eurìloco:


                             fuggiam, fuggiam
                             senza indugio con questi, e la vicina
                             Parca schiviam, finché schivarla è dato
                                   Odissea L. X (347-349)


               Quindi, dopo aver colto la “caduta” dell’uomo, identificata nella
            trasformazione in porci dei compagni di Ulisse, fissiamo un secondo
            “tipo”, in “colui che evita la prova”, Eurìloco. Egli non è l’eroe, forse
            è l’uomo morale - Dante lo metterebbe tra gli ignavi - egli non è
            Buddha né san Francesco, i quali scelgono la povertà avendo a dispo-
            sizione la ricchezza, egli sceglie la via di mezzo: né la santità - l’Eroe -
            né la perdizione - il maiale - ma la zona tranquilla e temperata dei pic-   5
            coli sentimenti. 3                                                          n.
               Eurìloco è un pavido e non “un puro e un saggio” tanto da essere di-     -  II
            sprezzato da Ulisse che si avvia a soccorrere i compagni e lo lascia ma-
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