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Città contemporanea, ambiente e innovazione urbanistica


               ha messo a disposizione degli enti locali per il controllo e la guida dello

         FOCUS  sviluppo insediativo e territoriale, non ha tenuto il passo. Anzi in mol-
               tissimi casi, e ciò viene rimproverato sistematicamente, ha peggiorato la
               situazione irrigidendo le modalità della programmazione e del control-
               lo e impedendo una sinergia positiva tra sviluppo e obiettivi di assetto
               territoriale. Tuttavia sarebbe assolutamente sottostimata una valutazio-
               ne del tutto negativa delle applicazioni effettuate della disciplina urba-
               nistica tradizionale, posto che in non poche situazioni locali essa ha
               prodotto risultati non disprezzabili.
                  In realtà il governo delle città e dunque del territorio ha scontato al-
               meno fino agli anni Novanta la debolezza politica del sistema di gover-
               no della città dove le élites al potere manovravano sistematicamente la
               finta alternativa al posto di comando della città, privandosi di conse-
               guenza della possibilità di dare vita a progetti strategici, ovvero a pro-
               spettive di lunga durata, per la guida dell’evoluzione urbana. In effetti il
               sistema delle alleanze tra le forze politiche locali, nei quaranta anni suc-
               cessivi alla seconda guerra mondiale, mancava strutturalmente della ca-
               pacità di delineare scenari strategici per lo sviluppo urbano. E ciò è av-
               venuto solo laddove vi era una omogeneità politica di fondo oltre a forti
               maggioranze locali unitarie. Oggi la modifica del sistema elettorale sem-
               bra aver consentito, con un raccordo stretto tra sindaci e maggioranza,
               la possibilità di programmare strategie urbane di più largo respiro.
                  La storia della formazione di alcuni grandi Piani regolatori, vedi
               Roma e Milano, degli anni Cinquanta-Sessanta, mostra con molta evi-
               denza il livello ampio del dibattito e della partecipazione politica e so-
               ciale che queste proposte attraversavano, anche in presenza di maggio-
               ranze politicamente composite ma culturalmente omogenee, a fronte di
               una progressiva caduta di interesse generale sostituita dalla difesa di po-
               sizioni meramente speculative o di settore.
                  Tuttavia alcuni elementi di rigidezza dei Piani urbanistici locali han-
               no, paradossalmente, comportato alcuni risultati positivi. Che possono
               essere trovati proprio a partire da quello che, per altri versi, è stato, ed è
               ancora, uno dei nodi più duri del confronto tra urbanistica e società: il
               rapporto dei piani con la proprietà privata dei suoli. La durezza di que-
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               sto rapporto ha esaltato, in contrappasso, il ruolo del c.d. “vincolo ur-
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