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Città contemporanea, ambiente e innovazione urbanistica
studi dell’I.N.U. (1960) si ricava che l’ambiente era inteso limitatamente
FOCUS agli aspetti vincolistici “storici, ambientali e paesistici”, dove l’aggettivo
ambientale aveva un significato molto labile; occorre arrivare allo schema
di legge Pieraccini per trovare un legame “dialettico” tra identificazione,
nei piani urbanistici, delle aree di interesse storico-paesistico-artistico e
questioni di “modalità d’utilizzazione e prescrizioni speciali d’uso” di
queste; aspetti in qualche modo prodromici della notissima prescrizione
della, di molto successiva, legge Galasso (431/85, art. 1/bis).
Qualcosa di significativo si rinviene invece all’interno del famoso
“Progetto 80”, rapporto preliminare al secondo (’71-’75) P.E.N., ed ela-
borato attorno al 1967-68. Nella programmazione per “Progetti specia-
li” economisti, sociologi ed urbanisti rilevano che tra gli obiettivi perse-
guibili rientra a pieno titolo la “difesa e valorizzazione dell’ambiente fi-
sico e culturale”. Accanto ai tradizionali connotati dell’ambiente appa-
iono ora le componenti “fisiche”, suolo, aria, acqua, flora, fauna qualifi-
cate specificamente come beni collettivi e non “pubblici”. Si dava or-
mai consapevolezza dello stato di notevole degrado che lo sviluppo
non programmato aveva comportato, ma erano presenti anche infor-
mazioni sulle iniziative U.S.A. e presso qualche Stato europeo.
Connesse al tema del corretto “uso” di queste risorse appaiono le
questioni del loro inquinamento e depauperamento. Il sistema è com-
pletato con l’individuazione degli altri componenti dell’ambiente quali i
Parchi, le riserve, il paesaggio, il patrimonio storico-artistico e, da ulti-
mo, l’ambiente urbano e la sua “organica strutturazione” in sistemi me-
tropolitani principali (forti), di riequilibrio ed alternativi. Questa visione
ambientale globalizzante, era sorretta dalla previsione di un’adeguata
strumentazione concettualmente “progettuale”, di natura “orizzontale
e verticale”, per le conseguenti azioni sul territorio che ormai si qualifi-
cava non solo come contenitore dello sviluppo ma anche luogo di risorse
irriproducibili, e quindi necessariamente “soggetto” e non più “oggetto”
di azioni interdisciplinari.
Era di quegli anni la pubblicazione in U.S.A. del N.E.P.A. (National
Environmental Policy Act del 1969) e la conseguente applicazione
dell’E.I.S. (studio di impatto ambientale) con l’evidente ripercussione
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sull’iniziativa che, subito dopo, viene assunta dalla C.E.E. con l’avvio
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