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La sfida della tutela del Creato
ria stessa, letta nel suo passato e nelle sue prospettive future, si incari-
FOCUS ca di ricordare all’uomo i suoi limiti, i limiti dello sviluppo che ha avvia-
to e vuole gestire, sia esso sviluppo nella vita economica, sia sviluppo
nella vita politica e sociale verso sistemi nuovi. Ecco allora la necessità
di un cambiamento di mentalità.
Il punto di partenza deve essere l’accettazione del “giudizio di Dio”
sulle realtà dell’uomo, in sostituzione dei “giudizi dell’uomo”, legati a
prospettive di terrestrità e viziati spesso dal peccato.
Non si tratta, come ho avuto modo di accennare poc’anzi, di una
sconfessione dell’uomo, delle sue ricerche, del suo operato, ma del
richiamo al valore più autentico e profondo di tutto ciò che è veramen-
te umano. Un valore che viene dal fatto che l’uomo e le sue realtà ven-
gono da Dio per la Creazione e sono state restituite alla loro condizio-
ne dalla Redenzione di Cristo.
Tutto questo deve spingere ad una conversione reale per il supera-
mento del limite creaturale e ciò avviene soltanto nel riferimento a Dio
e nell’accettazione della Fede come ultimo riferimento per comprende-
re sia il valore dell’uomo, sia il significato e il senso della sua vita indi-
viduale e collettiva, delle sue ricerche scientifiche sulla materia e su se
stesso e per valutare la validità non soltanto “operativa”, ma “etica” e
“religiosa” (nel senso di fedeltà piena all’uomo e al suo riferimento
costante a Dio) delle mete che ci si propongono e dei mezzi che si ela-
borano per il loro raggiungimento.
In base a questo riferimento di fede si verificano le “scale di valori”
che le diverse culture propongono, per regolare i diversi aspetti della
vita politica ed economica.
Si tende molto più apertamente: alla primaria produzione dei beni di
prima utilità per tutti; a ricercare forme di distribuzione equa che ten-
dano ad eliminare lo squilibrio attuale tra chi possiede troppo e chi pos-
siede troppo poco; ad attuare la necessaria accumulazione di capitali in
prospettiva di un uso direttamente orientato al bene pubblico, nella
convinzione che i capitali, frutto del lavoro comune, hanno, come
prima destinazione, la funzione di servire a costruire condizioni comu-
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ni di benessere; ad adottare tecniche di lavoro che non mortifichino,
ma mettano in rilievo la creatività personale e collettiva.
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