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La sfida della tutela del Creato


            uomini … ecco l’aspirazione degli uomini di oggi» (PP. n. 6).
               Giovanni Paolo II, vent’anni dopo, riconosce che la crisi dello svi-   FOCUS
            luppo che si palesa nelle disuguaglianze tra ricchi e poveri non è dovu-
            ta alla «responsabilità delle popolazioni disagiate», né ad «una serie di
            fattori dipendenti dalle condizioni naturali o dall’insieme delle circo-
            stanze» (SRS 9). E continua: «La terra è di Dio! È, dunque, secondo la
            sua legge che deve essere trattata. Se, rispetto alle risorse naturali, si è
            affermata, specie sotto la spinta dell’industrializzazione, un’irresponsa-
            bile cultura del “dominio” con conseguenze ecologiche devastanti,
            questo non risponde certo al disegno di Dio. “Riempite la terra, sog-
            giogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo (Gn,1,
            28)”. Queste note parole della Genesi consegnano la terra all’uso, non
            all’abuso dell’uomo. Esse fanno dell’uomo non l’arbitro assoluto del
            governo della terra, ma il “collaboratore” del Creatore: missione stu-
            penda, ma anche segnata da precisi confini, che non possono essere
            impunemente valicati». (Giovanni Paolo II, intervento alla festa del
            Giubileo del mondo agricolo, Roma, Aula Nervi, 11 novembre 2000).
               Giovanni Paolo II sia nella SRS che negli ultimi interventi, fa una dia-
            gnosi della nuova situazione, la interpreta alla luce di criteri ispirati all’eti-
            ca naturale e alla morale cristiana e propone delle direttive di azioni.
               Il Papa sottolinea come molte delle speranze sono rimaste deluse: una
            moltitudine di persone vive in una situazione di estrema povertà, sicché
            si può parlare di fallimento. E questo fallimento è dovuto ad un insieme
            di fattori: una interpretazione restrittiva e confinata al solo aspetto eco-
            nomico del concetto di sviluppo; una ingenua euforia suscitata da alcuni
            segni di progresso economico e la non percezione che il vero problema
            dello sviluppo è una questione soprattutto d’ordine morale.
               Perdendo di vista l’orizzonte etico siamo costretti a registrare che
            non solo la questione dello sviluppo non si risolve, ma che l’abisso già
            esistente tra poveri e ricchi, tra il sottosviluppo e lo sviluppo - abisso
            già osservato da Paolo VI - si allarga profondamente.
               Già con la SRS il Papa aveva offerto, inoltre, una innovativa chiave
            di lettura del problema quando ricordava i nostri limiti di creatura e di    .3
            peccatori; ricordava che non esiste solidarietà senza il Padre, che Gesù     oI-n
            ha preso l’iniziativa di amarci. Risplendeva così anche in una enciclica     n
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