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La sfida della tutela del Creato


               économique et social, IEDS) in suoi precedenti saggi e conferen-

         FOCUS  ze ha sostenuto la tesi che, per salvare uomo e ambiente, la via da
               percorrere non sia il contraddittorio e illusorio “sviluppo sosteni-
               bile” (da considerarsi una semplice strategia comunicativa)
               bensì seguire le “sei erre” della società della decrescita: rivaluta-
               re, ristrutturare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare. Una
               soluzione vincente, secondo Latouche, per una società non tanto
               pauperista quanto più sobria. Sarebbe possibile?
                  Non è mia intenzione entrare nel merito delle posizione di Latouche.
               Posso però dire che gli stessi concetti vengono espressi dalla Chiesa che
               si interroga in continuazione ed è interpellata dalla “questione svilup-
               po”. Infatti la Chiesa, chiesa dei poveri e dei senza voce, si fa carico di
               tutte le problematiche inerenti lo sviluppo e indica le vie per affrontar-
               le. Da qui l’importanza accordata alla Dottrina Sociale della Chiesa in
               questi ultimi decenni: si è sempre più consapevoli che non è più solo la
               Chiesa luogo teologico, ma anche e forse soprattutto il mondo e la sto-
               ria. Così il mondo non è più una realtà profana; ma, oltre a portare i
               segni della creazione e della redenzione, è il luogo dove incessantemen-
               te opera lo Spirito del Signore e «dove cresce quel corpo della umanità
               nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il
               mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il pro-
               gresso terreno dallo sviluppo del Regno di Cristo, tuttavia, tale progres-
               so, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana socie-
               tà, è di grande importanza per il Regno di Dio» (GS 39).
                  Paolo VI raccogliendo i primi frutti del Concilio Ecumenico
               Vaticano II, pubblicò il 26 marzo 1967 la  Populorum Progressio.
               Rifacendosi alla GS, Paolo VI manifesta infatti il suo “desiderio di
               rispondere al voto del Concilio” (PP. n. 5). In questa enciclica, il Papa
               parte da un’analisi congiunta della situazione sociale del mondo svilup-
               pato e quello sottosviluppato, stabilendo tra di essi una relazione di
               interdipendenza, nel bene come nel male. Sottolinea un’aspirazione
               comune di tutti gli uomini ad «essere affrancati dalla miseria, trovare
               con più sicurezza la loro sussistenza, la salute, una occupazione stabi-
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               le; una partecipazione più piena alle responsabilità, al di fuori di ogni
               oppressione, al riparo da situazioni che offendono la loro dignità di
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