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Mario Bellocci


               nali. Si osserva, in proposito, che la legge quadro statale sulle aree pro-
               tette (legge 6 dicembre 1991, n. 394), nel fissare gli standards di tutela
               uniformi, con l’art. 11, comma 1, prevede che l’esercizio delle attività
               consentite entro il territorio del parco nazionale è disciplinato con
               regolamento e, con il successivo comma 3, lettera b), stabilisce, tra l’al-
               tro, che nei parchi nazionali sono vietati l’apertura e l’esercizio di cave,
               di miniere e di discariche, nonché l’asportazione di minerali.
                  Dal confronto tra la norma statale interposta in materia di parchi
               nazionali e la norma regionale impugnata, emerge che le modifiche
               introdotte, lungi dal disporre una disciplina più rigorosa rispetto ai limi-
               ti fissati dal legislatore statale, derogano in peius agli standards di tutela
               uniforme sull’intero territorio nazionale. Né appare fondata la deduzio-
               ne della Regione Umbria secondo cui la normativa impugnata sarebbe
               legittima, in quanto emanata nell’esercizio della propria competenza
               esclusiva in materia di cave a seguito della modifica del Titolo V della
               Costituzione, poiché nel caso di specie si è disciplinata la materia delle
               cave quando le stesse insistano in un parco, e pertanto la materia “cave”
               va ad intrecciarsi con il valore ambiente. Come è chiaro, quando viene
               toccato tale ultimo valore, la Regione può legiferare, ma solo per fissare
               limiti ancor più rigorosi di tutela, senza dunque alcuna possibilità di
               introdurre deroghe al divieto di svolgere nei parchi attività di cava.
                  Né vale sostenere che non esisterebbe un divieto assoluto di svolge-
               re attività di cava nelle aree protette, tanto che la stessa legge n. 394 del
               1991 prevede che tale divieto sia derogabile con il semplice regolamen-
               to del Parco, con la conseguenza che se la deroga può essere effettuata
               da un regolamento, a maggior ragione si potranno effettuare deroghe
               tramite legge. Anche questa tesi si rivela infondata. È bensì vero, osser-
               va la Corte, che è il regolamento che disciplina l’esercizio delle attività
               consentite entro il territorio del parco, ma qui non viene in rilievo il rap-
               porto di gerarchia legge-regolamento, bensì il fatto che la competenza a
               disciplinare la materia delle deroghe al divieto di cave nel parco è attri-
               buita in via esclusiva, da una legge statale, al regolamento del Parco.
                  L’illegittimità costituzionale della norma dunque deve individuarsi
          A
          n
          n
               non già in una presunta inammissibilità di deroghe al divieto di cave nel
               parco, ma nel fatto che tali deroghe possono essere eventualmente adot-
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