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loro funzioni ecologiche, economiche e sociali, a livello locale, nazionale e globale e
               che non provochino danni ad altri ecosistemi” .
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               In assenza di una visione orientata alla “sostenibilità gestionale” e al contrasto
               ai disboscamenti illegali, le comunità dipendenti dalle foreste e le economie
               rurali non possono prosperare.
               I principi della “Gestione Forestale Attiva”, il cui significato è perfettamente
               sovrapponibile a quello di  “Gestione Forestale Sostenibile” (acronimo GFS),
               permeano il nuovo assetto normativo nazionale.
               La ratio di dare eguale significato alle due espressioni risiede nell’esigenza
               di  uniformare  due  concetti  già  presenti  nell’ordinamento  nazionale  e
               regionale.
               Più  nello  specifico,  la  “Gestione  attiva”  compariva  nell’ordinamento
               nazionale  già  dal  2008,  con  il  “Programma  Quadro  per  il  Settore  Forestale”
               (PQSF), alla stregua di uno “strumento programmatico e operativo in grado di
               portare le diverse esigenze dell’economia, dell’ambiente e della società sul territorio,
               garantendo  la  conservazione  delle  foreste  e  la  fornitura  dei  relativi  Servizi
               Ecosistemici”.
               A  livello  ermeneutico  i  dubbi  non  ricadono  tanto  sulla  parola  “attiva”,
               piuttosto  sulla  parola  “gestione”,  che  non  significa  solo  “utilizzare”  o
               “tagliare”,  ma  “avere  cura”  responsabilmente.  È in  questa  parola  la  svolta
               culturale più importante del TUFF rispetto al passato.
               In capo al gestore di un bosco, pubblico o privato, sia esso proprietario o
               meno, ricade una precisa responsabilità che si estrinseca attraverso scelte
               tecniche nei confronti di un bene di interesse comune e della società, attuale
               e futura.
               Il  gestore  deve  pertanto  “attivarsi”  assumendo  decisioni  interventiste  o
               conservative cristallizzate in un atto di pianificazione.
               Nel settore forestale italiano, dove il 65% della superficie complessiva è di
               proprietà  privata,  in  antitesi  al  concetto  di  gestione  si  pone  quello  di
               abbandono (colturale e culturale), discendente da una mancata assunzione
               di una scelta di responsabilità, alimentata dal disinteresse.
               L’abbandono non è una forma di gestione o governo del bosco, a meno che

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               31  www.pefc.it (“ultimo accesso: 27/04/2024”).


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