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inviava  a  tutti  i  comuni  di  sua  competenza  un  questionario  definito
          “Rapporto informativo riguardo alla presenza di lupi e loro perniciosità”
          con il quale richiedeva informazioni sulla presenza di lupi ed orsi nei vari
          territori.  Le  risposte  affermative  arrivano  ad  esempio  da  Domodossola
          (1807): “…è fatto costante che in questi cantoni s’annidano degli orsi e dei lupi in
          grande quantità”.
          È dunque assodata la presenza dell’orso fino al primo decennio del 1800 nei
          territori dell’Ossola, in particolare a Domodossola, Vogogna e Valgrande,
          nel  territorio  dell’attuale  Parco  Nazionale.  La  specie  invece  era  già
          scomparsa dalla Valsesia da qualche decennio.
          Ancora  nel  1820  Carl’Antonio  Zambonini,  cacciatore  di  Bannio  in  Valle
          Anzasca,  compilò  un  copioso  manoscritto  sulla  caccia  per  diffondere
          consigli su come cacciare il lupo, il camoscio e l’orso.
          L’ultimo orso in territorio provinciale fu ucciso sempre in Valle Anzasca, ai
          piedi del Monte Rosa, nel 1818 (Duprè et al., 2000), anche se l’ultimo atto
          pubblico emanato per “combattere” l’orso è quello dell’Intendente di Pallanza
          che il 12 agosto 1828 autorizzava i sindaci dell’alta Val d’Ossola ad armare
          persone “probe e capaci” per una battuta collettiva “alla bestia feroce detta orso
          che ha diggià cagionato gravi danni” agli alpeggi della zona (Bionda et al., 2002).

          -Dati recenti

          Il territorio della provincia del VCO è per gran parte idoneo alla presenza
          dell’orso bruno, sia come fasce altitudinali che come habitat, considerando la
          vasta presenza di boschi disetanei sia di latifoglie che conifere con buona
          presenza di sottobosco (Mustoni, 2004).
          La prima osservazione risale al 28 giugno 2019 quando, un’automobilista ha
          messo  in  fuga  di  notte  un  orso  nei  pressi  del  centro  abitato  di
          Crevoladossola.
          L’analisi genetica dei campioni biologici inviati al laboratorio svizzero di
          Biologia   e  Conservazione  dell’ Università   di   Losanna,  ha  permesso  di
          confermare  che  il  soggetto  era  un  maschio  adulto  facente  parte  della
          popolazione trentina, denominato M29.





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