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viene scelto proprio l’orso. Nessun altro animale selvatico è rappresentato,
               “utilizzato” ed umanizzato come questo plantigrado.
               Questa proiezione moderna ed antropomorfa di una specie assolutamente
               selvatica che generalmente rifugge l’uomo, ha un significato ancestrale ben
               preciso. Orso e lupo, sono grandi carnivori dalle caratteristiche biologiche
               ed eco-etologiche molto definite che, per alcuni aspetti, ritroviamo anche
               nell’uomo.  Il  lupo  deve  parte  del  suo  successo  alla  vita  in  branco,  i  cui
               membri seguono una rigida gerarchia e lottano fra loro per conquistare la
               posizione  dominante,  diventare  degli  “alfa”  e  conquistare  il  diritto  alla
               riproduzione. Allo stesso tempo il branco garantisce una grande plasticità
               adattativa a diverse situazioni e capacità di cooperazione anche per crescere
               la prole. Tutte caratteristiche che sono state alla base del successo anche del
               genere  “Homo”.  D’altro  canto nell’orso  si  trovano  altri  aspetti  biologici  e
               morfologici  che,  nei  nostri  progenitori  ancestrali,  potevano  risultare
               assolutamente evocativi.
               L’orso, almeno in alcune situazioni, abitava come l’uomo le caverne, come
               l’uomo è un onnivoro perfetto, cura la prole a lungo, e, fatto rarissimo nel
               mondo animale, è l’unico mammifero “non primate” a muoversi anche in
               postura eretta.
               Come un uomo, infatti, l’orso si alza in piedi, cammina e si arrampica.
               Questo elemento, probabilmente più di ogni altro, lo ha fatto percepire come
               una specie di “uomo selvatico”, animale dalle fattezze umanoidi, con uno
               sguardo frontale, tipico dei carnivori e primati, e capace, come solo l’uomo
               sa fare, di camminare in piedi! Una specie di divinità dei boschi.
               Questa è una delle tante ipotesi formulate dai paleoantropologi. Una ipotesi
               secondo  cui  questa  specie,  in  modo  pressoché  esclusivo  rispetto  ad  ogni
               altra, si ritiene fosse anticamente oggetto di “culto”.
               Oltre  alle  pitture  rupestri,  nei  siti  paleolitici  vi  sono  numerosissimi
               ritrovamenti  dei  cosiddetti  “altari  dell’orso”,  composizioni  con  ossa,  di
               solito  cranio  e  tibie.  Non  esistono  “sepolture”  ordinate  di  lupo,  leone,
               mammuth  o  altre  specie:  i  resti  ossei  degli  animali  uccisi  dall’uomo
               preistorico venivano utilizzati come strumenti e monili o gettati in depositi
               come spazzatura. L’orso no.



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