Page 54 - Silvae MAggio Agosto
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Lo studio dei cambiamenti globali che hanno luogo nei sistemi naturali e
l’analisi del contributo dovuto all’azione umana implica ricerche di grande
attualità in diversi settori della scienza. Le Nazioni Unite hanno costituito
da tempo due forum scientifici per comprendere al meglio la dimensione e
gli effetti dei cambiamenti in atto nel sistema climatico e la dimensione e gli
effetti degli impatti sullo stato degli ecosistemi e della biodiversità, due
problematiche centrali per il futuro dell’umanità. Per il cambiamento
climatico si tratta dell’IPCC Intergovernmental Panel on Climate Change
(Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, 1988) che svolge
analisi sullo stato delle conoscenze scientifiche relative ai cambiamenti
climatici, ai loro impatti e ai rischi ad essi connessi, oltre alle opzioni per la
loro mitigazione e l’adattamento su scala mondiale e regionale con risultati
che consentono di valutare l’andamento del clima a livello globale e
regionale. Per i sistemi naturali si tratta dell’IPBES (Intergovernmental Science-
Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, Piattaforma
intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, 2012) per le
conoscenze sulla situazione della biodiversità e degli ecosistemi nel mondo
con una specifica focalizzazione sulla situazione dello stato della vitalità e
dei servizi ecosistemici.
Le evidenze scientifiche raccolte in oltre 60 anni di ricerche hanno permesso
di chiarire in modo inequivocabile che le attività umane svolgono un ruolo
preponderante nella genesi dei cambiamenti climatici e nella profonda
trasformazione dei sistemi naturali determinando la progressiva perdita di
biodiversità e l’incisivo degrado delle condizioni ambientali. I drammatici
risultati sono tangibili. Limitandoci ai soli vertebrati, gli anfibi sono la classe
più minacciata al mondo: crisi idrica e, più in generale, pressioni connesse
con i cambiamenti climatici; alterazione dei siti riproduttivi e consumo di
suolo; patologie e aspetti sanitari connessi; introduzione di specie alloctone
(o “aliene”); proliferazione di specie autoctone ma ormai “invasive” prelievo
eccessivo per gli scopi più diversi (collezionismo, terrariofilia); un vero
“fuoco concentrico” di fattori micidiali. Sicché il 41% di rane, rospi,
salamandre, tritoni e cecilie è a rischio di estinzione a fronte del 26,5% dei
mammiferi, 21,4% dei rettili, 12,9% degli uccelli.
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