Page 48 - Silvae MAggio Agosto
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È appena il caso di ricordare che l’8 febbraio 2022 è stato introdotto un nuovo
          comma agli articoli 9 e 41 della Costituzione, con l’obiettivo di riconoscere il
          principio di tutela ambientale tra quelli fondamentali.
          Pertanto, accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico,
          si    attribuisce    alla    Repubblica    anche  la  tutela  dell’ambiente,  della
          biodiversità  e  degli  ecosistemi.  Queste  modifiche  alla  Costituzione  sono
          passate alla Camera quasi all’unanimità. Peraltro è necessario chiedersi se il
          politico medio si sia mai posta la domanda relativa alle conseguenze che
          questo cambiamento potrebbe avere sui nostri comportamenti. Ad esempio,
          il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, noto come PNRR, cita il termine
          biodiversità 28 volte (e in un paio di casi anche al plurale) sebbene non molto
          sia stato fatto in Italia per la conservazione della biodiversità.
          Un dato di fatto realmente inammissibile è che troppo spesso i politici non
          si rivolgono ai tecnici s.l. (ad es. naturalisti) quando si affrontano, a livello
          locale,  i  problemi  della  conservazione  e  della  sua  (eventuale!)
          valorizzazione.
          La  conservazione  della  biodiversità  passa  anche  attraverso  cambiamenti
          globali nella politica: il pensiero economico contemporaneo  non  riconosce
          che  l’economia  umana  possa  essere parte della natura ma tratta l’umanità
          come  un  cliente  che  attinge  alla  natura;  se  noi  dobbiamo  assicurare  il
          mantenimento della  biodiversità,  dobbiamo anche  porre  dei  limiti  al  suo
          sfruttamento. Partha Dasgupta e Simon Levin hanno presentato nel 2023 una
          grammatica per il ragionamento economico che non si basa su questo errore,
          ma su un confronto tra la nostra richiesta dei servizi ecosistemici e la sua
          capacità  di  fornirli  in  modo  sostenibile  ovvero  senza  compromettere  le
          possibilità per le future generazioni di ottenere i propri bisogni.
          Questi  autori  suggeriscono  che  per  misurare  il  benessere  economico,  gli
          uffici  statistici  nazionali  dovrebbero  stimare  una  misura  inclusiva  della
          ricchezza  delle  loro  economie  naturali,  non  del  semplice  PIL  e  della  sua
          distribuzione; è invece opportuno utilizzare il concetto di ricchezza inclusiva
          per identificare gli strumenti politici che dovrebbero essere posti in atto per
          gestire beni pubblici globali, ad esempio il mare aperto o le foreste pluviali
          tropicali.



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