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Legge Quadro sulle aree protette: l’organizzazione generale del territorio nei parchi nazionali


            n. 151/1986 che, ravvisando in tale materia una convergenza di interes-
            si tra loro eterogenei e di diverso rilievo (nazionali e locale), stigmatiz-
            zata una visione gerarchicamente ordinata di valori ed una concorren-
            za tra Stato e Regioni in funzione di “leale collaborazione” da realizza-
            re attraverso lo strumento della previa intesa.
               «Il sistema dei pareri e delle intese (come nel caso del piano del
            parco in cui si verifica l’accennata interferenza tra competenze dello
            Stato e competenze delle Regioni) realizza la sollecitata collaborazione
            fra i diversi livelli istituzionali, peraltro presenti nel comitato di gestio-
            ne del parco e schiude finalmente alla prospettiva del superamento dei
            conflitti che hanno sin qui impedito la realizzazione dei nuovi parchi
            nazionali».

            Profilo dell’istituto
               La legge-quadro ha introdotto, con il piano del parco, un istituto
            sconosciuto all’ordinamento in tema di pianificazione e programma-
            zione territoriale globale di cui i primi accenni sono rinvenibili nella
            lontana legge urbanistica (n. 1150/1942) con il piano territoriale di coordi-
            namento che aveva l’obiettivo di contemperare, su scala sovracomunale,
            esigenze urbanistiche, paesistiche e di protezione del territorio.
               Pur comunque trattandosi di un piano di direttive, questo non era
            immediatamente e direttamente operativo nei confronti dei privati.
            Anche con la legge n. 1102/1971 (Nuove norme per lo sviluppo della
            montagna) l’ordinamento introduce attraverso la predisposizione e l’at-
            tuazione di programmi di sviluppo e di piani territoriali di zona, l’approccio
            alla visione sistemica e globale del territorio prendendo atto della
            necessità di avviare un’organica azione di programmazione  economi-
            ca e territoriale a livello sovracomunale.
               La legge sulla montagna, infatti, prefigura, per la prima volta, un livel-
            lo di programmazione intercomunale costituendo un Ente di diritto
            pubblico (la Comunità montana) dotato di un potere pianificante prima-
            rio che estende i suoi ambiti al comprensorio territoriale di pertinenza.
               Tuttavia il piano di comunità montana è pur sempre un piano di inqua-     .2
            dramento che lascia ai singoli comuni il compito di definire l’assetto       oI-n
            specifico dei propri ambiti territoriali. La differente legislazione regio-  n
                                                                                         n
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