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Degradazione del suolo e gestione sostenibile


                  resi disponibili attraverso l’attività di mineralizzazione microbi-
                  ca. In tal senso, la frazione “attiva” della sostanza organica,
                  rispetto a quella “passiva”, ha una notevole importanza nel ren-
                  dere disponibili i nutrienti (Loveland and Webb, 2003).
                  La stretta relazione tra diversità biologica del suolo e SOM, risie-
                  de proprio nella capacità di questa di fornire nutrienti e habitat
                  per i diversi organismi del suolo. “Hot spot” di biodiversità sono
                  stati individuati nel suolo rizosferico, ricco di SOM labile, e negli
                  aggregati (Lynch, 1990, Foster, 1994). L’eterogeneità dei substra-
                  ti carboniosi ha notevole importanza sulla biodiversità del suolo,
                  selezionando le specie adatte alla loro degradazione, con riper-
                  cussioni sull’intera catena trofica.
                  Inoltre, la SOM mostra un’elevata affinità verso i contaminanti
                  organici ed inorganici (Bolan and Duraisamy, 2003). La separa-
                  zione della sostanza organica nelle fasi solubile e solida, è cru-
                  ciale per determinare la mobilità dei contaminanti nel suolo.
                  Hodgson et al. (1965) hanno osservato che l’ammontare totale
                  di Cu in soluzione legato alla frazione disciolta dell SOM,
                  variava dal 75 al 99.5%. Al tempo stesso, la possibilità di
                  ammendare i suoli contaminati con sostanza organica stabiliz-
                  zata, può essere un valido approccio per la fissazione in situ di
                  tali sostanze e la riduzione della loro tossicità per le piante (Bes
                  et al., 2010).


                  Accumulo di carbonio nei suoli

                  Nel suolo è immagazzinata una quantità di C pari al doppio di
                  quella presente in atmosfera e quasi 3 volte il C stoccato nel pool
                  biotico (Janzen et al., 2004). Negli ecosistemi forestali si stima
                  che circa i 2/3 di tutto il C sia immagazzinato nel suolo. Inoltre,
                  tale C nel suolo può avere tempi di permanenza estremamente
                  lunghi (fino a centinaia o migliaia di anni), qualora protetto dalla
                  decomposizione grazie a meccanismi di protezione fisica (aggre-
                  gati) e chimica (umificazione). Al contrario, in seguito a processi
                  di degradazione della struttura del suolo (ad esempio rottura
                  degli aggregati a seguito di errata gestione), il C può essere
                  sovresposto alla decomposizione microbica, determinando la
                  sua re-emissione in atmosfera come CO .
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