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La tutela del territorio attraverso le denominazioni di origine


                  perduto e l’unica speranza è quella di tornare indietro, il pano-
                  rama cambia. Il ghiareto, la zona prossima fatta di ciottoli dal
                  letto del fiume che costeggia la strada si riempie di piante lun-
                  ghe e verdi. Tutto diventa più ordinato e si sente il profumo di
                  una nuova civiltà che si è inventata un modo diverso di vivere
                  in quelle terre sperdute. Da qualche anno a Sorana con il pro-
                  getto di valorizzazione del Fagiolo di Sorana Igp si sta lenta-
                  mente invertendo una tendenza; l’abbandono delle terre, lo spo-
                  polamento dei piccoli centri è stato parzialmente frenato grazie
                  alla coltivazione della pianta del Fagiolo di Sorana Igp che in
                  questi anni è diventata una delle eccellenze gastronomiche ita-
                  liane. I grandi chef fanno la fila per poterne avere anche una
                  minima quantità da servire ai clienti più esigenti e vengono per-
                  sonalmente a Sorana per essere sicuri di non restarne senza.
                  Uno di questi, Aimo Moroni, originario della zona, nel suo
                  ristorante milanese lo presenta alla stregua di un tartufo. Insom-
                  ma una bella storia fatta di tradizione, di buone pratiche agri-
                  cole, di marketing e soprattutto anche paesaggio. Perché da
                  quelle parti tutti sanno che se nel fiume scorre acqua pulita gra-
                  zie ai boschi dei monti intorno che vengono curati e che drena-
                  no le piogge e fortificano la terra e questo permette la “magia”
                  del Fagiolo di Sorana Igp che si trasforma in oro proprio come
                  nella fiaba di Richard Walzer.
                  Di storie così ce ne sono molte da raccontare, testimonianze di
                  questa Italia che cerca di inventarsi il futuro anche grazie all’a-
                  groalimentare e al turismo enogastronomico. Ma prima di conti-
                  nuare con altri esempi, credo sia opportuno dare una definizio-
                  ne esatta al termine  paesaggio. La maggior parte di noi rispon-
                  derebbe “il paesaggio è ciò che vedo intorno a me”. È un po’
                  semplicistico, ma in fondo corretto. Nel Codice dei Beni Culturali
                  e del Paesaggio, lo si definisce come “una parte omogenea di ter-
                  ritorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o
                  dalle reciproche interrelazioni”. In questo senso il paesaggio è
                  inteso come un mosaico, i cui tasselli sono formati dall’ambien-
                  te fisico, dall’uomo, ma soprattutto dalla storia di questa secola-
                  re convivenza. Certo, perché neanche il più radicale dei natura-
                  listi potrà negare il fatto che l’uomo, necessariamente ed inevita-
                  bilmente, modifica il territorio naturale in cui abita. La questio-



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