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Ierobotanica rituale e fitonimie sacre greco-italiche


                  piantare un noce, ritenuto essere appunto una sorta di “seconda
                  madre”. Il mitologo Cattabiani non mancò inoltre di ricordare
                  che, tra le presunte cause della “cattiva” fama di quest’albero,
                  sembra esserci proprio la juglandina, ossia una sostanza tossica
                  contenuta sia nelle radici che nelle foglie di quest’albero che,
                  potrebbe aver accentuato il grande rilievo avuto da quest’albero,
                  anche nella seriore tradizione stregònica. Con l’alloro (Laurus
                  nobilis), pianta per eccellenza sacra ad Apollo, erano poi corona-
                  ti i vincitori di giochi e battaglie in età greco-romana (Plin. N.H.,
                  127): a Tebe, in onore del Dio, si tenevano le Dafneforie e, a Delfi,
                  dove un tempio di Apollo fu costruito in soli rami d’alloro, la
                  Pitia, come noto, masticava le foglie del lauro consacrate, prima
                  di inspirare i sacri fumi profetici e divinare: ben nota inoltre era
                  la valenza profetica desunta dal crepitìo della pianta sul fuoco
                  (Tibullo,  Carm., II, 5, 81-84), tanto che se l’alloro dava buoni
                  auspici, si diceva, Cerere avrebbe riempito i granai. Anche
                  Lucrezio non mancò di ricordare che: “nec res ulla magis quam
                  Phoebi Delphica laurus / terribili sonitu flamma crepitante crematur”
                  (De rer. Nat., VI, 154-155). La stessa potatura della pianta, la cui
                  coltivazione era obbligatoria nei giardini della Roma imperiale,
                  demandata ai sacerdoti della Dea Pomona, prevedeva infatti la
                  bruciatura dei rami e la sepoltura delle ceneri ai piedi dello stes-
                  so albero, nonchè la conservazione nel tempio del Dio degli
                  attrezzi utilizzati. Per alcuni studiosi la pianta proviene dall’A-
                  sia Minore, tuttavia molte impronte di  Laurus nobilis furono
                  ritrovate nei tufi dell’ultimo interglaciale, vicino Marsiglia e
                  Montpellier (L.Laurent 1932, N.Boulay 1887), sempre accompa-
                  gnate a specie indigene, dimostrando una grande diffusione di
                  una varietà esotica di questa pianta, sulle coste mediterranee fin
                  dall’era terziaria (35). Arbusto sacro al Sole quindi, era abitudi-
                  ne piantarlo davanti alle porte dei cesari e dei pontefici, così vigi-
                  lando sugli ingressi: la stessa statua di Giove veniva coronata
                  con foglie di lauro proprio in occasione della celebrazione del-
                  l’esito vittorioso di battaglie. (Plin., N.H., XV, 127). Lo stesso Isi-
                  doro, ancor nel VI sec., scriveva sul lauro: “[...] Sola quoque haec
                  arbor vulgo fulminari minime creditur” (Etym., VII, 2). Diversi seco-
                  li dopo, richiamandosi a celebri versi di Virgilio, “Et vos, o lauri,
                  carpam, et te proxima mirte, sic positae quoniam suaves miscetis odo-



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