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Ierobotanica rituale e fitonimie sacre greco-italiche


                  ed il caprifico di Juno Caprotina (Varro L.L., VI, 18; Fest., L, p.
                  50). Di quest’ultimo (Ficus carica caprificus), nelle cerimonie sacre
                  delle Nonae Caprotinae, a luglio, era infatti usato il lattice – “lac
                  quod ex caprifico manat” – e le verghe lignee dello stesso albero,
                  impiegate per i rituali fecondatori reciproci sub arbore caprificio,
                  celebrati da matrone e schiave (Macrob., Sat. I, 11, 36-40; Plut.,
                  Rom. XXIX, 6). Nell’elenco topografico quindi un significato par-
                  ticolare assume ovviamente la Ficus sacra: da ricordare quindi il
                  fico nato in mezzo al Foro nel 362 a.C. nello stesso punto dove
                  morì Marco Curtio (Liv., St. Rom., VII, 6, 5), il nuovo fico Rumi-
                  nale che fu poi trasposto al Comizio sotto gli auspici di Atto
                  Navio (Plin., N.H. XV, 77), - forse nato per talea da quello origi-
                  nario del Lupercale (Paus., Perieg., VII, 44; VIII, 23; IX, 22) - quel-
                  lo poi che fu sradicato nel 260 ab.U.c. davanti al tempio di Satur-
                  no, ed infine quello presente, insieme a vite ed ulivo, davanti al
                  Lacus Curtius. La stessa Dea Rumina “arbor erat: remanent vestigia
                  quaeque vocatur/ Rumina nunc ficus. Romula ficus erat” (Ov., F. II,
                  412): difatti “apud divae Ruminae sacellum a pastoribus satam ficus!
                  Ibi enim solent sacrificari lacte pro vino” (Varro,  R.R. II, 3, 5).
                  Impronte di Ficus carica - la cui introduzione, per alcuni studio-
                  si, è stata attribuita ai Focesi nel VI sec. a.C. - sono da tempo state
                  identificate in depositi di tufi e travertini che datano dall’inter-
                  glaciale Mindel-Riss ed al Riss-Wurm, in Provenza e Linguado-
                  ca. Ad un ramo di quercia invece era stato appeso, secondo una
                  versione del mito, il celebre Vello d’Oro cercato dagli Argonauti
                  e famosa divenne appunto la quercia sacra con il suo ramo d’oro
                  del ben noto nemus Aricinum (Serv., ad Aen. VI, 136), nonchè la
                  rielaborazione ovidiana (Met. VIII, 741-750) di una quercia cen-
                  tenaria nel bosco sacro di Cerere (Call., Inn. Dem. 25), così come
                  un importante e singolo oleastro, consacrato a Fauno: “forte sacer
                  Fauno foliis oleaster amaris/ hic steterat, nautis olim venerabile
                  lignum/ servati ex undis figere dona solebant/ Laurenti divo et votas
                  suspendere vestis” (Verg., Aen. XII, 766). Quest’ultimo esempio ci
                  introduce inoltre al motivo rituale dell’oblazione cultuale trami-
                  te sospensione di ex-voto, gli αναθηματα quali offerte, doni ed
                  anche trofei dei vinti, sia “directement aux branches des arbres
                  du lucus” sia “à un tronc, sur l’arbre seul [...] fixée à l’arbre” (33):
                  un’usanza documentata appunto sia nelle fonti letterarie (Anth.



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