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Ierobotanica rituale e fitonimie sacre greco-italiche
cipressi di Ebe a Fliunte (II, 13, 3), del bosco sacro alle Eumenidi
sulle rive dell’Asopo (II, 11, 4), nonchè i platani della tomba di
Diomede alle Tremiti e quelli di Delfi (Plin., N.H. XVI, 238). Il
giardino di Calipso (Od. V, 57), quello dei Feaci (Od. VII, 112) il
frutteto mistico di Alcinoo e di Laerte (Od. XXIV, 220; poi in
Verg., Buc. I, 2, IV, 3, VI, 2, VII, 65; Geor. IV, 329), quello di Athe-
na (Od. VI, 291) e di Itaca (Od. XVII, 205), sono quasi delle vere e
proprie siluae, per alcuni studiosi dei veri “boschi sacri ameni”,
sicuramente anche il risultato di elevate creazioni letterarie ed
artistiche, da annoverare quindi tra le prime espressioni elleni-
che della bellezza di una natura libera, ma luoghi carichi
anch’essi di ierofania squisitamente elladica (18), tutt’altro che
gradita a certa cristiana patrologia greca. Tuttavia, ben diversa-
mente dal mondo latino, l’idea di “bosco sacro” che si può desu-
mere dalla letteratura greca, è più orientata verso una specifica
forma di santuario urbano o extra-urbano, con recinti sacri e
regolamenti cultuali ben precisi (es. la sospensione di offerte ai
rami degli alberi), luoghi sicuramente profumati, ombrosi, rin-
frescanti e terapeutici, ma che richiamano e suggeriscono più l’i-
dea di una cornice “paesaggistica” e letteraria, che non quella di
una presenza divina, numinosa e totalizzante appunto, più l’i-
dea di un “decoro” vegetale che non quella di un luogo sacraliz-
zato dalla sua stessa intima essenza, ossia da quel “sentimento
dell’ignoto”, da quel quid “numinoso” che è possibile desumere
anche dalle variegate rappresentazioni rimasteci dei boschi lati-
no-italici. Gli scavi nell’Agorà di Atene hanno infatti da tempo
rilevato la presenza di un bosco sacro di olivi, allori e platani
(Plut., Cim. 13, 7, 487c) che delimitava l’area del Tempio di Ares,
così come pioppi bianchi e neri erano presenti vicino l’Odeion di
Agrippa; gli scavi nello stesso giardino di Efesto intorno all’E-
leusìnion, hanno a loro volta individuato due file di appezza-
menti rettangolari tagliati e scavati nella roccia poi riempiti di
terra, ove erano ubicate le radici di numerose viti rampicanti e
melograni, distribuiti come le colonne di un tempio, costituenti
un recinto sacro sul declivio di un colle. Questo giardino sacro,
creato con buona probabilità nel V sec. a.C., rimase in vita alme-
no fino ad età augustea (19). I frammenti letterari tardo-ellenisti-
ci poi, detti kηπυpιkα, una sorta di filiazione delle Γεωpγιkα non
SILVÆ - Anno VI n. 13 - 273