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Ierobotanica rituale e fitonimie sacre greco-italiche
entra nel Pleistocene superiore ed intorno ad 80.000 anni fa,
avviene la riduzione dell’antico bosco a causa di oscillazioni cli-
matiche più fredde ed aride, che comporta l’estinzione di Ptero-
carya e la diffusione del querceto misto con querce caducifoglie,
carpini, tigli, aceri, faggi, noccioli Zelkova (Giac. di Saccopastore).
La predominanza del faggio per il clima più rigido ed umido si
verifica intorno ai 75.000 anni, cui segue la sua progressiva sosti-
tuzione con vegetazione di tipo steppico, intorno ai 70.000 anni,
tramite presenza di sporadiche betulle che, attualmente, in Italia
centrale, sono sopra i 1000-1.500 m. s.l.m. Con gl’inizi dell’ulti-
mo periodo geo-climatico detto Olocene (12-10.000 anni), il
nostro, le condizioni subartiche favorirono l’espansione di pino
silvestre e ginepro. Nelle successive fasi preboreale e boreale (10-
7.500 anni), si afferma così la dominanza di Pinus, prima su pia-
nura e poi su colline e, tra i querceti, c’è una forte presenza di
Tilia ed Acer con boschi ricchi di abete bianco (fase boreale). Nel
periodo Atlantico (7-4.500 anni), si verifica una risalita dei quer-
ceti sino a quote elevate. Nel sub-boreale (4.5-2.800 anni), diver-
samente, si assiste ad un incremento di Ulmus ed una presenza
di Ostrya (betulacea), cui seguono il predominio di Abies insieme
al Fagus e l’aumento di noce e Prunus: si sviluppa così una gran-
de espansione dei faggeti, da m. 800 s.l.m in su, e dei querceti
misti su pianura e colline fino a m. 800 s.l.m. (10). Pertanto la
flora del Lazio protostorico, era così costituita da boschi d’alberi
giganteschi, plurisecolari, che crescevano per vaste distese su
colli e pianure: abeti, faggi, betulle, ontani, querce di cerro, di
farnia, di leccio, di rovere e di sughero, nonchè pini, frassini e
platani; avvicinandosi alla costa, invece, si estendevano ampie,
le basse boscaglie di lauro, di lentischio, di olivastro, di olmo, di
mirti, ginepri, corbezzoli, cornioli e pruni. Prima dei dissoda-
menti neolitici per lo studioso Lieutaghi, la rovere (Quercus
petrae) doveva popolare una gran parte delle terre di Gallia, e
formare quelle immense foreste leggendarie che erano già degra-
date ai tempi dell’Impero romano. Il tratto fondamentale del
paesaggio indo-europeo, per l’insigne glottologo Devoto, è dato
infatti proprio dalla foresta. La selva di Castel Porziano - la silua
laurentina di Pico, Fauno e Latino - e quella del Circeo - la temu-
tissima silua di Circe - rappresentarono infatti una lontana par-
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