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La criminalità organizzata peninsulare come fatto sociale totale
ed imprenditoria che si sarebbe realizzato nel corso degli anni
settanta. In quegli anni una mafia tradizionale in competizione
per l’onore ed il potere avrebbe ceduto il passo ad una mafia
imprenditrice in competizione per la ricchezza.
Sulla scorta di questi elementi di novità si sarebbe verificato un
profondo mutamento dell’agire mafioso: “(...), la tradizionale
fisionomia parassitaria dell’azione mafiosa in campo economico
è passata in secondo piano, in favore di un salto qualitativo
verso una aggressiva presenza imprenditoriale che agisce in
direzione di una espansione e non di un impedimento delle
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forze di mercato” . La nuova impresa criminale è caratterizzata
dal “trasferimento del metodo mafioso nell’organizzazione
aziendale del lavoro e nella conduzione degli affari esterni
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all’impresa” : il fenomeno mafioso non costituisce più una com-
ponente subalterna dell’economia, ma una forza della produzio-
ne radicata e accreditata nelle strutture portanti dell’universo
socioeconomico di aree sempre più vaste della penisola.
I rapporti sociali si modificano: i fattori economico-finanziari pre-
valgono sulla dimensione identititaria della memoria e dell’apparte-
nenza. Per Enzo Fantò l’impresa mafiosa si afferma all’interno di un
processo sociale, economico e politico che “vede la mafia divenire
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parte essenziale della classe dominante di estese realtà territoriali” .
Impresa, politica e mafia costituiscono un circolo vizioso e danno
vita ad un meccanismo triadico che mette in relazione politici,
impresa legale e organizzazione mafiosa, fondato su scambi e favo-
ri reciproci. L’impresa a partecipazione mafiosa non risolve la con-
traddizione tra logica mafiosa, improntata pur sempre alla violenza,
agita o minacciata, e attività imprenditoriale: la mafia coniuga insie-
me ruoli produttivi e parassitari, né rinuncia all’uso della violenza. I
mafiosi non inventano l’uso economico della violenza, che è un
fenomeno carsico della storia umana, lo applicano sistematicamente
e razionalmente, facendolo diventare la risorsa prima e il principale
fattore di produzione, la misura del capitale mafioso e la principale
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istituzione della regolazione criminale del mercato .
33 Arlacchi P., La mafia imprenditrice. L’etica mafiosa e lo spirito del capitalismo, Il Mulino, 1983
(pag.125).
34 Ibidem (pag. 109).
35 Fantò E., L’impresa a partecipazione mafiosa. Economia legale ed economia criminale, Edizioni Deda-
lo, 1999 (pag. 55).
36 Cfr. Beccucci S. e Massari M. (a cura di), Mafie nostre, mafie loro, Edizioni di Comunità, 2001.
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