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La criminalità organizzata peninsulare come fatto sociale totale


            come rappresentazione sociale dal carattere fortemente situato.
            Esemplificativa delle spiegazioni di tipo culturalista è la posizio-
            ne di Hermann Hess, destinata a influenzare molti studi successi-
            vi, che considera la mafia non una forma di criminalità organiz-
            zata, ma una forma di comportamento rispondente alla specifica
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            subcultura della società locale . Per Robert D. Putnam il manca-
            to sviluppo del mezzogiorno italiano è da ricondurre alla carenza
            di senso civico (civicness) ereditato dalla dominazione norman-
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            na . Significativa in questa prospettiva è anche l’analisi - datata
            1900 - di Gaetano Mosca che parla della presenza di un sentimen-
            to di mafia consistente “nel reputare segno di debolezza o di
            vigliaccheria il ricorrere alla giustizia ufficiale, alla polizia e alla
            magistratura, per la riparazione dei torti o piuttosto di certi torti
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            ricevuti” . Scorrendo la letteratura specialistica che cerca di spie-
            gare la persistenza delle mafie, ci si trova di fronte, salvo rare ecce-
            zioni, ad una risposta sostanzialmente univoca: le mafie sono
                                                               16
            figlie dell’arretratezza culturale del mezzogiorno .
            La principale caratteristica della prospettiva organizzativa non è
            quella di negare relazioni con i caratteri della cultura, ma piut-
            tosto ritenere che questi non siano determinanti nella definizio-
            ne del fenomeno, almeno nella sua configurazione attuale. Rifiu-
            tare l’approccio culturalista non comporta tout-court il miscono-
            scimento di valori, norme e rappresentazioni tradizionali, ma
            significa non assumere questi fattori come punto di partenza
            dell’indagine sociologica sulla criminalità.
            L’incipit della riflessione risiede nella constatazione del fatto che la
            prima condizione che legittima l’uso della strumentazione teorica
            dell’organizzazione, è generalmente il sussistere di gruppi di indi-
            vidui dotati di una struttura, di regole, di vertici, di sistemi di con-
            trollo, di codici culturali e simbolici (in buona sostanza dei fonda-
            mentali elementi che concorrono alla definizione di una organiz-
            zazione) costituiti per commettere crimini ed in particolare per
            fini di lucro. Questa condizione, ancorché necessaria, non è
            comunque sufficiente, nel senso che è rilevante non solo il sussi-


            13 Cfr. Hess H., Mafia, Laterza, 1984.
            14 Cfr. Putnam R.D., La tradizione civica nelle regioni italiane, Mondadori, 1993.
            15 Mosca G., Che cos’è la mafia, Lacaita, 1993 (pag. 84).
            16 Cfr. Becchi A., Criminalità organizzata. Paradigmi e scenari delle organizzazioni mafiose in Italia,
               Donzelli, 2000.
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