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La criminalità organizzata peninsulare come fatto sociale totale
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dui” . In questa formulazione trova espressione il c.d. limite epi-
stemologico durkheimiano (noto anche come sociocentrismo radi-
cale) che di fatto non esita ad espungere dalla struttura della spie-
gazione sociologica l’intero extra-sociale (psicologico, biologico,
etc...). D’altra parte, la funzione di un fatto sociale, ovvero la fina-
lità che oggettivamente esso persegue, non può esser che sociale,
non può che consistere nella produzione di effetti incidenti anzi-
tutto sulla società stessa e solo secondariamente anche sul singolo
individuo. Perciò “la funzione di un fatto sociale deve essere sem-
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pre cercata nel rapporto che esso ha con qualche finalità sociale” .
È proprio a partire dall’enunciazione di questa autorevole pre-
messa epistemologica che il presente lavoro si prefigge di ana-
lizzare il sistema della criminalità organizzata in Italia nei suoi
articolati rapporti con l’ambiente politico, economico e sociale.
Il fenomeno definito come criminalità organizzata è relativamen-
te recente. Esso si è forgiato nel Novecento ed è stato nel com-
plesso poco studiato in Italia almeno come manifestazione socia-
le, per motivi che sembrano eminentemente riconducibili alla sua
natura complessa, oltreché per le oggettive difficoltà a rintraccia-
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re nel corpus delle scienze sociali adeguati strumenti di indagine .
Franco Ferrarotti ha scritto - riferendosi alla difficoltà di defi-
nirne segnatamente l’oggetto - che la sociologia si occupa “di
fatti sociali espressi in termini scientificamente rilevanti, ovve-
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ro di fatti che si pongono come problemi” . Da questo punto di
vista il fenomeno della criminalità organizzata va letto come
social problem, vale a dire come mutamento che interferisce con
il sistema di valori che definiscono ciò che è bene, importante
e desiderabile in un sistema sociale storicamente determinato.
È Mauro Magatti a ricordarci che la dote più apprezzabile
della sociologia è quella di “riuscire a penetrare la scorza del
mondo sociale, che ci appare nella sua naturale ovvietà, per
mostrarci significati che non vediamo, non perché nascosti,
ma perché quotidiani ed evidenti, e proprio per questo invi-
2 Ibidem (pag. 103).
3 Ibidem (pag. 103).
4 (N.d.r.) Si nota che fino agli anni Settanta del secolo scorso le ricerche più importanti in tema di cri-
minalità peninsulare sono state realizzate da scienziati sociali stranieri. Ne La mafia in un villaggio
siciliano 1860-1960, edito da Einaudi nel 1986, l’autore Anton Blok individua una della cause della
carenza di conoscenza sul fenomeno mafioso nello scarso sviluppo delle scienze sociali in Italia.
5 Ferrarotti F., L’ultima lezione. Critica alla sociologia contemporanea, Laterza, 1999 (pag. 7).
6 Magatti M., Presentazione, in Bauman Z., Homo consumens, Edizioni Erickson, 2008 (pag. 7).
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