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La criminalità organizzata peninsulare come fatto sociale totale


                  La graduale presa di coscienza dei contenuti dell’attività crimi-
                  nale organizzata conduce al 1982, anno dell’approvazione della
                  legge Rognoni-La Torre (legge n. 646 del 1982). Essa introduce
                  (all’articolo 1) una fattispecie nuova e più complessa di associa-
                  zione a delinquere rispetto a quella già delineata dal codice
                  penale. I suoi elementi di qualificazione risiedono:
                  • nella specifica abilità di sviluppare capacità di intimidazione
                     tali da indurre l’assoggettamento di terzi;
                  • nella specifica capacità di intrattenere con i poteri pubblici
                     (politici, amministrativi, economici, sociali, culturali) relazio-
                     ni tali da permettere l’inserimento profittevole in attività eco-
                     nomiche legali regolate da questi poteri.
                  Secondo l’articolo 416 bis del codice penale, si ha, infatti, un’as-
                  sociazione di tipo mafioso “quando coloro che ne fanno parte si
                  avvalgono della forza dell’intimidazione del vincolo associativo
                  e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva”
                  non solo per commettere reati redistribuitivi (con vittima) ma
                  anche per entrare nell’economia legale attraverso la commissio-
                  ne di reati produttivi (senza vittima), o piuttosto per condizio-
                  nare gli esiti delle consultazioni elettorali, etc.

                  Fenomenologia mafiosa


                  Sono rintracciabili due grandi famiglie di definizioni e interpreta-
                  zioni sociologiche della mafia: l’una sottolinea i fattori culturali,
                  l’altra vede la mafia soprattutto come una manifestazione orga-
                  nizzativa. La prospettiva culturalista giunge nella sua versione
                  estrema a ridurre la mafia alla cultura diffusa nei contesti in cui si
                  è sviluppata. La prospettiva organizzativa nelle tesi più radicali
                  assimila invece il fenomeno alla delinquenza organizzata.
                  È la mafia come comunità a richiamare le interpretazioni di
                  matrice culturalista. L’enfasi è qui posta sulla presenza di una
                  cultura (o subcultura) mafiosa, in quanto la mafia è considerata
                  espressione di codici culturali diffusi. La mentalità mafiosa si
                  fonda sulla forte coesione morale che deriva da valori tradizio-
                  nali. Il punto di vista adottato crea una sorta di corto circuito tra
                  interno ed esterno, poiché in definitiva la mafia non è distingui-
                  bile dal suo contesto di riferimento manifestandosi vieppiù



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