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Psicopatologia del maltrattatore


               E quando è che il potere assume queste caratteristiche? Quando chi lo
            detiene non riesce a consistere nella rappresentazione di sé, non riesce a
            solidificarla. Il torturatore, il molestatore, l’abusante sono soggetti inti-
            mamente deboli, la cui condotta costituisce una difesa estrema contro
            l’angoscia, il vuoto interiore contro la paura di non farcela, di perdere
            tutto, contro il sentimento intimo e insopportabile di essere niente e nes-
            suno. La loro condotta successiva alla cattura e al depotenziamento che
            vi corrisponde, oscilla tipicamente (ce lo mostrano la storiografia e la let-
            teratura, ben lo sanno gli specialisti della psicopatologia e i magistrati che
            si occupano di questi soggetti), tra i due estremi della negazione della
            sconfitta, – cui corrisponde un’arroganza paradossale, delirante – e la
            richiesta umiliante di un’immeritata clemenza o impunità.
               Antonio Cassese, già Presidente del Tribunale Internazionale del-
            l’ONU per l’ex Jugoslavia, ricevendo a Parigi il 19 dicembre 2002 il
            premio dell’Accademia Universale delle Culture, così si esprimeva:
               «Come mai ogni giorno uomini maltrattano, sfruttano, torturano,
            uccidono […]»?
               «Domanda certo elementare, che numerosi filosofi si sono posti già
            tante volte. È la domanda che tormentava Primo Levi ed Elie Wiesel ad
            Auschwitz, quando si interrogavano sulle ragioni della disumanità che
            erano costretti a subire».
               «Si possono trovare tante ragioni e motivazioni di carattere storico e
            sociale per spiegare tutte queste manifestazioni di disprezzo profondo
            dell’altro; ma penso che al di là delle spiegazioni specifiche, esistano fat-
            tori più generali, senza i quali non riusciremmo a spiegarci perché la
            disumanità si ripete nel tempo e nello spazio» […].
               «Per quanto mi riguarda, ho trovato almeno un tentativo di risposta
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            nelle parole che un grande scenziato francese, Jean Hamburger, pro-
            nunciò una quindicina di anni fa a una tavola rotonda a Strasburgo.
            Hamburger notò giustamente che non c’è nulla di più falso che sostenere
            che i diritti umani sono fondati sulla natura dell’uomo. L’ordine biologi-
            co naturale, egli notava, è invece basato sulla crudeltà, sulla sopraffazio-
            ne, sul disprezzo dell’individuo, sull’ingiustizia. Le norme etiche e la dot-
            trina dei diritti umani esprimono un rifiuto dell’ordine biologico, una
            ribellione contro la legge della natura. Esiste dunque un uomo biolgico e
            un uomo sociale, si potrebbe dire. I diritti umani costituiscono una bat-
            taglia quotidiana dell’homo socialis contro il ritorno alla condizione ani-
            male, una sorta di ribellione attiva e quotidiana, una ribellione continua
            che dà senso e originalità alla vita dell’uomo».


            1 Biologo e medico (1909-1992), ha condotto importanti studi in campo nefrologico e immunologico.

                                                              SILVÆ - Anno V n. 11 - 77
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