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Psicopatologia del maltrattatore
appetito non ha limiti. Perché si vuole riprodurre, si vuole moltiplicare,
vuole assoggettare il mondo intero. Così l’umanità sta sopra un mucchio
di cadaveri di animali. La sua immortalità è ottenuta al prezzo del loro
massacro».
In origine, dunque, l’uccisione degli animali nella cultura greco-giu-
daico-cristiana, la nostra, è legata al dominio dell’uomo su di essi, sanci-
to dall’autorità divina. Una necessità vitale, il nutrimento ad alto conte-
nuto proteico, viene così ideologizzata, sacralizzata e ritualizzata: per
fare solo un esempio, dalla tauromachia cretese (fig. 2) basata su evolu-
zioni acrobatiche estremamente pericolose per gli atleti, e sull’uccisione
del toro a conclusione dei “giochi”, nel corso dei secoli avrà origine la cor-
rida iberica che, pur avendo smarrito nel tempo le tracce della sua matri-
ce religiosa, ne conserva appunto il carattere di accentuata ritualità. Il
senso originario, fecondare la terra con il sangue del più forte tra gli ani-
mali addomesticati, esso stesso simbolo di potenza generativa, rimane
nella simbologia e in qualche modo nell’esaltazione eroica e dolente della
morte che la tradizione ha rigorosamente e morbosamente conservato:
ricordate Garcia Lorca?
Cuando el sudor de nieve fué llegando / a las cinco de la tarde, / cuan-
do la plaza se cubrió de yodo / a las cinco de la tarde / la muerte puso
huevos en la herida / a las cinco de la tarde. [...] / A las cinco en punto
de la tarde. [...]
¡Que no quiero verla! / Dile a la luna que venga, / que no quiero ver
la sangre / de Ignacio sobre la arena.
Quando venne il sudore di neve / alle cinque della sera, / quando l’arena
si coperse di iodio / alle cinque della sera, / la morte pose le uova nella feri-
Fig. 2 - La turomachia cretese-minoica in un affresco del palazzo reale di Cnosso (età del bronzo).
SILVÆ - Anno V n. 11 - 73