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Maltrattamenti animali e violenza


                     Un altro aspetto di rilevante significato, è che quello della crudeltà
                  contro gli animali è un percorso che va a incrociare quella sugli uomini,
                  lungo un “continuum” dal contesto interspecifico a quello intraspecifico ;
                  il chè non è certo strano in quanto il denominatore è comune, individua-
                  bile nella tendenza a non cogliere o restare indifferenti di fronte alla sof-
                  ferenza dell’altro o, peggio ancora, a trarne compiacimento. Che a sof-
                  frire sia un animale umano o non umano il meccanismo è lo stesso, quel-
                  lo che esprime una modalità di relazione che, nella migliore delle ipotesi,
                  è empaticamente carente, nella peggiore è ammantata di sadismo di quel-
                  la forma di godimento, cioè, che trae origine proprio dalla percezione del-
                  l’altrui dolore.
                     Già dall’antichità pensatori illustri  hanno dissertato su questa con-
                  nessione e gli psicologi si sforzano di dimostrarla oggi con argomentazio-
                  ni e ricerche che abbiano il pregio dell’inattaccabilità.
                     Non si può non osservare, un po’ cinicamente, che davvero è ridon-
                  dante tanta fatica: sarebbe sufficiente prendere atto di quanto avviene a
                  opera di chi, estraneo e disinteressato a fini disquisizioni, ha obiettivi
                  feroci ed immediati da perseguire: sono gli affiliati alle grandi e piccole
                  società violente di tante parti del mondo, quelle che in Sierra Leone,
                  fanno dei bambini dei soldati, quelli che nelle regione mafiose educano
                  alla cultura violenta delle loro microsocietà. La strada facile è quella di
                  educare alla crudeltà gratuita contro gli animali, nella chiara consapevo-
                  lezza che si sta aprendo la strada a quella nei confronti degli umani.
                     Sarebbe presuntuosa la pretesa di dare risposta certa all’infinito
                  dibattito filosofico che si interroga se la strada dell’educazione conduca
                  dall’innocenza primitiva, alla conoscenza del male o invece dal caos ini-
                  ziale alla scelta dei valori portanti della società o alle mai sopite dispute
                  sulle responsabilità della genetica e dell’ambiente nella spinta verso il
                  bene e verso il male. Di certo non si può però ignorare l’enorme insegna-
                  mento derivante dagli studi di Zimbardo in un celeberrimo esperimento
                  svolto a Stanford negli anni ‘70. Zimbardo fece assumere a due gruppi di
                  studenti i ruoli contrapposti di carcerati e carcerieri, in una finzione stu-
                  diata con grande attenzione. L’esperimento gli sfuggì addirittura di mano
                  e dovette essere interrotto dopo solo cinque giorni in quanto i giovani che
                  impersonavano le guardie carcerarie avevano in brevissimo tempo svi-
                  luppato atteggiamenti di tale protervia da sconfinare in un pericolosissi-
                  mo sadismo. Gli infiniti studi che sono seguiti sul senso di ciò che era
                  avvenuto, sono andati tutti nella direzione di affermare che è facilissimo
                  per chiunque, immesso in un contesto  retto da regole oppressive, arriva-
                  re ad esprimere forme di crudeltà da cui era sempre stato alieno. Il che
                  sposta il cuore della genesi del male dalle dinamiche intrapsichiche a


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