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Maltrattamenti animali e violenza
a realtà sempre più crude e crudeli, si accetta un comportamento violen-
to come normale grazie ad una ripetuta esposizione ad esso. Non bisogna
dimenticare che, grazie alla plasticità del cervello le persone cambiano in
base alle proprie azioni: maltrattare abitualmente significa diventare
meno sensibili alle sofferenze provocate.
Vi è poi l’intervento massiccio di un meccanismo, a cui attingiamo a
piene mani nella vita quotidiana: la rimozione, regina dei meccanismi di
difesa, che permette di nascondere nel grande magazzino dell’inconscio
tutto ciò che sarebbe fonte di ansia e senso di colpa insopportabile. Il lin-
guaggio è ricchissimo di espressioni che indicano la nostra capacità di non
mantenere a livello di coscienza ciò che ci disturba: distogliere lo sguar-
do, mettere la testa sotto la sabbia, fare lo struzzo, girare la testa dall’al-
tra parte o chiudere gli occhi…..
Alla possibilità di rimuovere fanno riferimento tutte le persone che si
appellano alla propria sensibilità per non essere costrette a vedere e a
sapere. In realtà non vogliono confrontarsi con ciò che preferiscono igno-
rare: per cui “certo, se ci si pensa…, ma è meglio non farlo, perché tanto
non serve a niente”.
E per finire vi è il diniego, vale a dire il rifiuto a prendere atto di alcu-
ni aspetti della realtà, nonostante sia a nostra conoscenza, allo scopo di
proteggersi dai conflitti e dalle sofferenze. Secondo Umberto Galimberti
il diniego può essere letterale quindi: non esiste alcun problema, ma
anche implicito, nel senso che il problema viene ammesso, ma si nega che
ci riguardi, non provoca disturbo psicologico, viene visto come estraneo
alla nostra competenza e ci sentiamo esonerati dall’imperativo morale ad
agire. Grazie al diniego la gente può tranquillamente permettersi di pen-
sare che salame e prosciutto al supermercato si sono materializzati lì, sui
banconi. Se il dubbio, nonostante tutto la sfiora, il problema comunque
è appannaggio di altri.
Se tutti questi meccanismi, nel loro dinamico interagire, consentono di
disconoscere la crudeltà nascosta nei confronti degli animali, discorsi
diversi devono essere fatti a proposito dei maltrattamenti e delle crudeltà
agite apertamente e consapevolmente. Anche in questo caso il repertorio
è pressoché infinito: ci sono tutte le forme di brutalità a carico degli ani-
mali d’affezione, cani e gatti in primo luogo, che siano o meno i propri,
c’è l’imposizione di sforzi estremi ed insopportabili ad animali da lavoro,
quelli che ancora sono impiegati nelle campagne o quelli che sono obbli-
gati all’anacronistico trasporto dei turisti nel traffico cittadino.
La prima considerazione da fare è che ogni tipo di violenza voluta-
mente agita, parla di un mondo pulsionale disturbato, nella misura in cui
collega il piacere proprio alla sofferenza dell’altro.
SILVÆ - Anno V n. 11 - 65