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Maltrattamenti animali e violenza
se, di giardini zoologici, nonché dalle altre leggi speciali in materia di ani-
mali; né [...] alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla
Regione competente.”
Non è cosa di poco conto, prima di tutto perché una legge così impostata
finisce per giudicare la violenza contro gli animali non come disvalore in
assoluto, ma solo relativamente al tipo di reazione che può provocare
come conseguenza negli umani. È, quindi, in una visione antropocentri-
ca che la questione viene inquadrata: in ultima istanza ad essere difeso e
tutelato è l’uomo, che potrebbe provare fastidio, disturbo, raccapriccio,
non l’animale con la sua sofferenza, il quale, in questo modo, viene svili-
to da soggetto, portatore di diritti, a oggetto rispetto al nostro interesse
predominante; il tutto ad una distanza abissale da quell’approccio anti-
specista, che invece dovrebbe finalmente inquadrare la relazione tra tutti
gli esseri viventi.
Lo specismo la fa da padrone nelle nostre abitudini, in quanto siamo
soliti discriminare gli esseri viventi, prima di tutto, in base alla specie di
appartenenza, nella convinzione che gli interessi della nostra abbiano un
valore indiscutibilmente prioritario rispetto a quelli di tutte le altre. Non
solo: ancora secondo i dettami della legge, sulla scorta di questa convin-
zione, procediamo a stabilire una sorta di “specismo” di secondo livello,
per cui, a seconda del nostro vantaggio o del nostro piacere, decidiamo di
allargare i privilegi che ci siamo attribuiti anche ad alcune altre specie.
Ecco allora che la legge fa riferimento agli animali da affezione, quelli che
amiamo tenere con noi, fare entrare all’interno delle nostre famiglie rico-
noscendo loro uno status simile a quello degli altri membri. Fuori dal
consesso dei privilegiati, mettiamo tutti gli altri, che invece, consideran-
doli secondari rispetto ai nostri diritti, riteniamo passibili di ogni soffe-
renza. Non è certo un caso che dalle norme tutelanti siano esclusi tutti
quelli che non rientrano nel novero degli animali di affezione.
Sulla scorta di tutto questo, riflessioni serie relativamente al nostro
modo di trattare gli animali devono necessariamente prescindere dagli
angusti limiti in cui la legge ha segregato la necessità del rispetto nei loro
confronti, per allargarsi a considerazioni che attengono invece l’ambito
dell’etica e fanno altresì riferimento, per essere decodificati nella loro
genesi, alle ragioni psicologiche da cui sono determinati.
La violenza nei confronti degli animali può essere esaminata secondo
due direzioni interpretative: l’una riguarda tutte quelle forme che la
vedono completamente legalizzata, come avviene nell’utilizzo degli ani-
mali per ricavarne cibo o vestiario o per la ricerca; in questi ambiti essa
viene esercitata senza che venga neppure riconosciuta come tale, in quan-
to il fatto di avere luogo all’interno di contesti istituzionalizzati, giuridi-
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