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Il rapporto tra uomo e animali
ra, sono, infatti, “naturalmente” intrecciati con i meccanismi del pensie-
ro che dirigono i nostri comportamenti e organizzano la nostra esperien-
za. L’uomo crea forme dotate di significato, in quanto è un datore di senso
alla realtà circostante, è addirittura “un animale impigliato nelle reti di
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significati che egli stesso ha tessuto”, costituite dalla cultura , come già
aveva osservato Max Weber. Dunque noi “siamo animali incompleti o non
finiti che si completano e si rifiniscono attraverso la cultura - e non attra-
verso la cultura in genere, ma attraverso forme di cultura estremamente
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particolari” . È importante notare quest’ultimo aspetto della specificità
dell’uomo, anzi degli “uomini”, in quanto portando a compimento se stes-
so, l’essere umano non diventa “un qualsiasi uomo”, bensì “un partico-
lare tipo di uomo”, culturalmente definito, con le sue diversità e disugua-
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glianze essenziali, e non contingenti e superficiali . Geertz ha sottolinea-
to che nel supposto passaggio dagli Australopitechi all’uomo avvennero
cambiamenti drammatici che comportarono una riorganizzazione radica-
le delle strutture nervose. Ciò avvenne solo perché gli aspetti biologici e
quelli culturali interagirono in modo molto stretto e del tutto specifico,
caratterizzando così il cristallizzarsi del fenotipo-uomo in una sua dimen-
sione unica. Non si realizzò un processo continuo e lineare, con la somma
di parti l’una accanto all’altra, come caratteri addizionati, ma un pro-
cesso dinamico e interattivo, che diede luogo a veri e propri “salti” qua-
litativi. L’uomo è strettamente integrato in un sistema di simboli signifi-
canti, senza i quali non esisterebbe. In questo è radicalmente diverso da
tutti gli altri animali. E proprio la stretta interazione tra natura e cultu-
ra, dai risvolti creativi e differenzianti in profondità, impedisce, a pare-
re di Geertz, di parlare dell’“uomo” in astratto, come pretende di fare il
filone di pensiero di derivazione illuminista. Invece si può parlare solo di
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“uomini” in senso plurale, legati alle loro appartenenze culturali .
Anche in questo si può notare una profonda differenza con gli animali:
tra essi le diversità sono interindividuali, tra noi interpersonali. Da
quanto riportato si evince che per differenziare l’uomo dagli animali, e in
particolare dai primati superiori, non è necessario avvalersi di argomen-
ti religiosi, facendo riferimento all’anima o alla trascendenza di cui solo
l’uomo sarebbe partecipe. È possibile argomentare in modo convincente
e per nulla banale semplicemente sulla base di osservazioni e riflessioni
limitate alla fenomenologia caratterizzante la nostra specie, e non solo sul
piano dell’etica. E in tal modo si può rispondere a tutte le pretese di con-
siderare l’uomo un semplice primate evolutosi lungo un percorso lineare
38 ivi, p.41
39 ivi, p.94
40 ivi, p. 98
41 ivi, pp. 91-99
SILVÆ - Anno V n. 11 - 59