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Il rapporto tra uomo e animali
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ficante dei piaceri e dei dolori del suo oggetto” , cadendo in un antro-
pomorfismo egocentrico e un po’ narcisista. In conclusione Scruton
nella prassi operativa derivante dai presupposti teorici prima esposti si
dichiara a favore dell’allevamento degli animali per l’uso alimentare
delle carni (ma con metodi attenti al loro benessere), dell’impiego di
cavalli e cani nelle corse, tutelandone però al massimo l’incolumità, e
anche della caccia e della pesca (ma non di quella industriale, indiscri-
minata). Su caccia e pesca, tra l’altro, evidenzia il loro importante
ruolo di sostegno e sviluppo dei legami sociali e culturali tra gli esseri
umani. Sicuramente queste ultime sono le pagine che possono risultare
più discutibili a tutti coloro che – e oggi sono molti – considerano inam-
missibili, perché crudeli, attività come la caccia, in particolare. Il
nostro Autore ritiene invece intollerabile rinchiudere gli animali negli
zoo o usarli per la vivisezione, due impieghi, a suo parere, difficilmen-
te giustificabili.
I comportamenti complessi tra etologia e antropologia filosofica
A margine delle osservazioni e riflessioni di Scruton vorremmo aggiun-
gere alcune considerazioni. In primo luogo ci sembra utile per comple-
tezza ricordare gli studi di etologia che dimostrano come certe attitudini
morali abbiano anche una radice biologica secondo quanto ha evidenzia-
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to già alcuni decenni addietro l’etologo Wolfgang Wickler , discepolo di
Konrad Lorenz. Ciò non significa, però, rendere gli animali soggetti
“morali”: infatti essi mancano di consapevolezza circa il significato delle
loro azioni. Seguono solo l’istinto che li induce a comportarsi in un certo
modo in determinate situazioni, e ciò in genere garantisce la loro soprav-
vivenza. Ma non significa nemmeno rendere l’uomo un essere amorale,
che si è costruito arbitrariamente, e inconsciamente, un universo di dirit-
ti e doveri culturali, mentre non farebbe altro che obbedire quasi mecca-
nicamente a delle coercizioni biologiche, prive di qualsiasi valenza etica.
Infatti, se si procedesse su questa strada, si dimenticherebbe che gli stes-
si caratteri assumono, a livelli diversi, significati differenti in quanto ven-
gono integrati in realtà più complesse che danno loro anche un senso
profondamente nuovo. L’uomo è un animale simbolico per eccellenza: i
suoi simboli non vanno confusi con i segnali scambiati nel mondo anima-
le e che hanno una base innata, geneticamente programmata, anche se
talora migliorabile con l’apprendimento, mentre l’uomo “crea” i suoi
simboli, seppur seguendo regole abbastanza generali e comuni, basate
28 ivi, p. 100
29 W.Wickler, Biologia dei dieci comandamenti, Armando, Roma 1973
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