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Il rapporto tra uomo e animali
l’uso degli animali come mezzi da impiegare per i bisogni dell’uomo,
senza troppi scrupoli, attitudine rinforzata poi dal dualismo cartesiano.
L’Autore riconosce che gli animali, a differenza di quanto pensavano
molti in precedenza, hanno sensazioni, capacità percettiva, appetiti e
bisogni, ma anche avversioni innate, e infine capacità cognitive (per lo
meno quelli superiori). E anche in questo caso avrebbe potuto citare i
filosofi pagani che nell’antichità avevano affermato pensieri analoghi.
Egli sottolinea le differenze tra gli animali limitati al binomio meccani-
co stimolo-risposta e quelli che invece vanno oltre e sono capaci di
apprendere. Naturalmente Scruton evidenzia anche le forti diversità
tra noi e gli animali, sia sotto il profilo dei desideri e delle emozioni, sia
sotto quello della razionalità, della coscienza di sé e del linguaggio: “le
emozioni più elevate – quelle da cui dipendono in modo fondamentale le
nostre vite quali esseri morali –appartengono solo a chi può vivere e
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pensare attraverso simboli” , di cui il linguaggio vero e proprio costi-
tuisce un esempio. “Sebbene l’etologia fornisca una crescente quantità
di evidenze che gli animali comunicano fra di loro e possono trasmette-
re informazioni complesse attraverso i segni, non c’è prova che essi
mostrino quel tipo di organizzazione sociale e di pensiero introspettivo
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che il linguaggio richiede” . “Come ho già sostenuto, che gli esseri
umani siano gli unici esseri morali sulla Terra è questione empirica:
tendo a pensare che sotto questo aspetto noi si sia i soli, come credo che
qualunque evidenza che altre specie abbiano varcato il confine e siano
entrate nella sfera morale ci obbligherebbe a trattare i loro membri
come noi trattiamo i nostri simili. Questo non significherebbe soltanto
accordare loro dei diritti, considerare inviolabili la loro vita, le parti
del loro corpo e la loro libertà, e accettarli come oggetti di emozioni
superiori, ma vorrebbe anche dire imporre loro doveri e responsabilità,
ragionare con loro e trattarli come soggetti alla legge morale. Tuttavia,
allo status morale si accompagnano grandi vantaggi e al contempo grevi
fardelli: a meno che non si sia nella posizione di imporre i secondi, i
primi non hanno significato, poiché sono tali solo per chi sa come met-
terli a profitto o, in altre parole, per chi considera se stesso vincolato
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da doveri morali e responsabile delle proprie azioni” . Scruton rifiuta
di considerare gli animali “fini in sé” ma riconosce che essi “non devo-
no essere trattati come cose poiché ciò significherebbe non tener conto
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della loro capacità di soffrire” . L’Autore poi affronta il delicato pro-
blema degli “esseri umani marginali”, secondo la definizione data da
11 ivi, p. 18
12 ivi, p. 19
13 ivi, p. 29
14 ivi, p. 34
52 - SILVÆ - Anno V n. 11