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Il rapporto tra uomo e animali


            di tali doti, ma anche, proprio in forza del suo status unico, è del tutto
            autonomo dalla natura, essendo sottoposto unicamente alla legge morale
            che origina da lui stesso. In questo contesto non stupisce che Kant riten-
            ga solo l’uomo degno di essere considerato un fine, che quindi non può
            essere mai oggetto di uso, mentre riduce ogni altro vivente, e la stessa
            natura nel suo complesso, a semplice mezzo, strumento da utilizzare a
            piacimento, per il benessere dell’umanità. Quindi si deve rispetto solo
            all’essere umano, non certo a tutto il resto (animali in primis), che sono
            equiparabili a semplici cose: posizione assai problematica e discutibile,
            già allora, come dimostrò Schopenhauer con le sue accese critiche, e
            ancor più oggi, poiché sappiamo che con sempre maggiore frequenza
            viene definito “miglioramento del benessere umano” quello che in realtà
            nasconde un interesse economico di singoli o gruppi, obiettivo per altro
            spesso facilmente realizzabile, considerata la potenza tecnologica oggi
            disponibile. Si pensi agli esperimenti di ingegneria genetica volti a mani-
            polare e stravolgere la natura degli animali, nella più totale indifferenza
            nei loro confronti e di frequente per motivi discutibilissimi, manipolazio-
            ne di cui fu antesignano, a livello teorico, Francesco Bacone, in un suo
            libro scritto tra il 1614 e il 1617, dove tracciò il quadro di una auspicabi-
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            le (per lui!) società futura, sviluppatasi sotto il segno della tecnoscienza .
            Insomma Kant non sembra proprio uno studioso “aperto” e libero da
            pesanti pregiudizi. Si potrebbe obiettare che anche personaggi del mondo
            animalista, come il teorico Tom Regan, talora si rifanno alle posizioni del
            filosofo di Königsberg. Ciò è vero ma va ricordato che costoro ne modifi-
            cano radicalmente certi assunti, sostenendo, ad esempio, un possesso di
            valore intrinseco comune a uomo e animali, il che significa estendere ad
            altri viventi, non umani, l’idea kantiana di legge morale. Se invece, come
            avviene nel caso di Scruton, se ne accettano le basi del pensiero sorge
            qualche problema. Di fatto, però il nostro Autore, pur richiamandosi
            molto a Kant, ne viene influenzato solo parzialmente nel suo discorso sul
            rapporto uomo-animali, anche perché appaiono, sia pure sullo sfondo,
            altre influenze filosofiche.

            La complessità del pensiero occidentale sugli animali

               Al di là di questo esplicito riferimento, risulta evidente che Scruton,
            anche per sua ammissione, persegue un approccio radicalmente occi-
            dentale al rapporto uomo-animali. Andrebbe, però, aggiunto che in
            realtà egli si limita a considerare solo la concezione del mondo derivante
            dal monoteismo religioso affermatosi in occidente, con rari spunti ripresi

            3 F.Bacone, La Nuova Atlantide, Rusconi, Milano 1997
                                                              SILVÆ - Anno V n. 11 - 49
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