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Psicopatologia del maltrattatore


                     e le acque familiari che scorrono fino al ciglio delle rive
                     possono distrarre il suo animo e stornare la fitta dell’ ansia,
                     né la vista di altri vitelli nei prosperi prati
                     può distogliere l’animo e sollevarla dalla pena:
                     tanto noto e suo è quello che cerca.

                     La giumenta rappresentata in quanto madre è forse il primo esempio
                  letterario completo di “umanizzazione” dell’animale. Nel corso della sto-
                  ria della cultura gli esempi si moltiplicheranno; ma ancora ai giorni nostri
                  sopravvivono e prosperano pratiche di disumanizzazione organizzata a
                  danno degli animali, considerate “normali” e di cui si rivendica persino il
                  carattere di manifestazioni del folclore e della tradizione, da salvaguar-
                  dare e promuovere. Abbiamo citato la corrida, ma potremmo dire altret-
                  tanto del Palio di Siena, del circo, per non parlare delle attuali aberran-
                  ti e regressive tendenze legislative sulla caccia.
                     Vediamo dunque in questa prospettiva storico-antropologica come l’ucci-
                  sione degli animali non sia che il caso limite di un repertorio di comportamenti
                  basati sul principio della signorìa umana sul mondo, per investitura divina. Si
                  tratta, insomma, di una condotta basata su un principio di potere.
                     Ora, è quasi un luogo comune della ricerca psicologica che l’esercizio,
                  il gusto del potere sia il punto di partenza di una varietà di comporta-
                  menti normali e patologici.
                     Non occorre andare troppo lontano nel tempo o nello spazio, parti-
                  re dal tiranno Dionigi di Siracusa per arrivare a Saddam Hussein; il
                  piacere di infliggere sofferenza per affermare il proprio potere è pre-
                  sente nella vita di ogni giorno e in una varietà di comportamenti. Mole-
                  stie sessuali, mobbing nei luoghi di lavoro, prepotenze nella vita fami-
                  liare e sociale sono atti di una tragedia quotidiana che ha mille volti e
                  mille nuances.
                     La crudeltà in sé è prima di tutto manifestazione di una domanda di
                  potere incondizionato, assoluto nel senso letterale del termine (ab-solu-
                  tus, svincolato da ogni regola), capriccioso, umorale e sconfinato…
                     Qui merita presentare un po’ di teoria. Quale potere è portato a mani-
                  festarsi nel modo che ho appena delineato? È il potere “incompetente”,
                  che non si spende per la realizzazione di obiettivi concreti, ma per la pro-
                  pria riproduzione, come un cancro che sviluppa una superfetazione di
                  cellule prive di una funzione adattiva per l’organismo; è l’“agìto emozio-
                  nale” di una fantasia onnipotente di controllo della vita e della morte del-
                  l’altro; è il modo in cui si rappresenta il potere, la mente infantile, che
                  sopravvive nel fondo della mente adulta e può giungere a inquinarne e
                  stravolgerne il rapporto con la realtà.


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