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Psicopatologia del maltrattatore
tane dall’essere superate – la prospettiva evoluzionista darwiniana (for-
malizzata intorno alla metà del XIX secolo), incontrapposizione con quel-
la creazionistica, perché almeno una parte dell’umanità aderisca e inco-
raggi una visione di sé dell’uomo meno superba, e dismettendo una rap-
presentazione dell’uomo come dominatore del creato in quanto, creato a
immagine e somiglianza di Dio, ne dismetta anche la fantasia onnipotente
di essere per diritto divino, l’unico titolare del diritto di vita e di morte
sugli animali.
Non che questa sia sempre stata l’unica visione del rapporto
divinità/uomo/animali nel mondo classico. Faceva eccezione, già alla fine del
IV secolo a.C., la filosofia di Epicuro. Il grande poeta epicureo Lucrezio, 300
anni dopo, dedicherà una pagina del “De rerum natura”, all’angoscia della
giumenta che inutilmente cerca nella campagna il vitello che le è stato tolto
per essere sacrificato a qualche a lei ignota divinità (Libro II, vv. 352-366):
Nam saepe ante deum vitulus delubra decora
turicremas propter mactatus concidit aras
sanguinis expirans calidum de pectore flumen.
At mater viridis saltus orbata peragrans
novit humi pedibus vestigia pressa bisulcis,
omnia convisens oculis loca, si queat usquam
conspicere amissum fetum, completque querellis
frondiferum nemus adsistens et crebra revisit
ad stabulum desiderio perfixa iuvenci,
nec tenerae salices atque herbae rore vigentes
fluminaque ulla queunt summis labentia ripis
oblectare animum subitamque avertere curam,
nec vitulorum aliae species per pabula laeta
derivare queunt animum curaque levare:
usque adeo quiddam proprium notumque requirit.
Spesso infatti davanti ai templi adorni degli dei
un vitello cade immolato presso altari fumanti d’incenso
esalando dal petto un caldo fiume di sangue.
Ma la madre rimasta sola, errando fra i pascoli verdi,
cerca a terra le impronte dei piedi forcuti,
scrutando con gli occhi in ogni luogo, se mai riesce a scorgervi
il figlio perduto e, immobile, colma di lamenti
il bosco frondoso e torna di continuo a vedere
la stalla, trafitta dal rimpianto del piccolo;
né i teneri salici e le erbe ravvivate dalla rugiada
SILVÆ - Anno V n. 11 - 75