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Dall’antropocentrismo all’affermazione dei diritti animali
venti normativi in materia di animali ed ambiente si avrà infatti solo a
partire dagli anni novanta, quando vengono affrontate e regolamentate
alcune importanti problematiche e viene riformulato l’articolo 727 del
Codice Penale.
Il primo provvedimento significativo è costituito dalla legge quadro
n. 281 del 14 agosto 1991, intitolata “legge quadro in materia di animali
di affezione e prevenzione del randagismo”, in cui sembra cominciare ad
affermarsi, accanto alla prospettiva antropocentrica, una nuova visione
e cioè la possibilità di tutelare gli animali in quanto tali, senza ancorare
obbligatoriamente la loro protezione ad una presunta offesa del senti-
mento di compassione degli umani.
Gli anni novanta sono particolarmente importanti per lo sviluppo
della legislazione di protezione degli animali perché nel novembre del
1993 con la legge n. 473 (Nuove norme contro il maltrattamento di ani-
mali) viene integralmente rielaborato l’articolo 727 del Codice Penale alla
base del quale viene posto il concetto di maltrattamento degli animali. Si
prevede per la prima volta un collegamento tra i comportamenti che pos-
sono essere considerati quali maltrattamenti e le caratteristiche etologi-
che degli animali, per cui ogni animale dovrà essere considerato, rispetto
alla condotta posta in essere, a seconda delle proprie specifiche peculia-
rità; in questo modo non esiste un concetto teorico generico di maltratta-
mento, ma l’atto che colpisce l’animale va considerato rispetto alle con-
seguenze che produce per quel determinato animale. Il primo comma san-
ziona anche la detenzione non idonea rispetto alla natura dell’animale,
rappresentando un’assoluta novità nel panorama legislativo, garantendo
protezione giuridica a tutti gli animali qualsiasi sia la loro condizione e il
destino loro riservato.
La volontà del legislatore era dunque quella di dare vita ad una disci-
plina più efficiente affermando un nuovo approccio nei confronti degli
animali, tuttavia diverse erano ancora le carenze della nuova disciplina,
per prima cosa si trattava pur sempre di un reato a tutela del sentimento
comune di pietà verso gli animali e non di una norma direttamente fina-
lizzata alla protezione di questi in senso stretto. Ancora, la novella legi-
slativa risultava carente dal punto di vista dell’impianto sanzionatorio
costituto solo da una ammenda, per cui il reato risultava sempre oblazio-
nabile diminuendo di conseguenza l’effetto deterrente. Infine, pure il
meritevole ampliamento contenuto nel secondo comma, rispetto ad atti-
vità lecite che possono cagionare ingiustificati danni agli animali, non
investiva tutti i campi che li vedono coinvolti a vario titolo, dimenticando
settori di notevole impatto come: l’attività venatoria, la pesca e la speri-
mentazione.
SILVÆ - Anno V n. 11 - 33