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Dall’antropocentrismo all’affermazione dei diritti animali
l’antropocentrismo l’elemento principale della stessa produzione norma-
tiva.
Tuttavia al di là di questo limite è importante evidenziare quanto cam-
mino sia stato percorso per verificare ciò che ancora manca perché gli
esseri animali possano finalmente essere considerati quali soggetti e non
semplici cose a disposizione del genere umano.
Innanzitutto, è doveroso notare come la discussione giuridica sulla
‘questione animale’ sia alquanto circoscritta, soprattutto se confrontata
con l’elaborazione sviluppatasi a livello etico, filosofico e sociologico; la
limitata attenzione del diritto agli esseri animali deriva soprattutto dal
fatto che i sistemi giuridici sono sostanzialmente autoreferenziali, elabo-
rati cioè dagli esseri umani per tutelare la propria convivenza in società
sempre più complesse. Il sistema giuridico voluto dall’uomo per l’uomo è
caratterizzato da uno spiccato antropocentrismo: l’uomo è il centro della
società ed è il referente principale – se non unico – del sistema normativo
e questa situazione si presenta più o meno invariata nei diversi ordina-
menti giuridici anche appartenenti a tradizioni positive assai differenti tra
loro. In quest’ottica è chiaro come gli animali abbiano da sempre trovato
ben poco spazio per affermare la propria soggettività dal punto di vista
giuridico, infatti gli ordinamenti giuridici sembrano avere recepito preva-
lentemente (se non unicamente) la tradizione etico-filosofica prettamente
antropocentrica. Le radici di tale riflessione, rintracciabili già nel pensie-
ro di Anassagora e Platone, si rafforzano con le teorie aristoteliche che
affermano come, malgrado molti animali inferiori (cioè quelli non umani)
abbiano proprietà in comune con gli esseri umani: come la capacità di
nutrirsi, quella di riprodursi, l’abilità di essere coscienti del mondo che li
circonda mediante apparati sensori e la facoltà di desiderare, di sentire,
di ricordare e di immaginare, essi sono però carenti della principale qua-
lità umana e cioè della possibilità di ragionare, per cui l’uomo è l’essere
superiore in quanto unico “animale razionale”, e a lui spetta inevitabil-
mente il dominio su tutte le altre creature. Tale interpretazione risulterà
ulteriormente rinforzata dalla riflessione cristiana e da una lettura forte-
mente umanistica della Bibbia, per cui la presunta superiorità umana è
sancita dal fatto che Dio ha creato “l’uomo a sua propria immagine”
(Genesi, 1, 26, 28). La preminenza umana e il legame tra uomo e Dio
acquistano particolare vigore nel pensiero di Tommaso d’Aquino grazie al
quale la teoria antropocentrica si arricchisce di un nuovo e fondamentale
tassello; l’anima infatti Dio considerato il fine ultimo dell’universo, può
essere perseguito e raggiunto solo dalla creatura intellettuale, che non solo
è l’unico essere a possedere il raziocinio ma è anche l’unico essere dotato
di un’anima.
28 - SILVÆ - Anno V n. 11