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Cibo degli Dei e cultura degli uomini



               Dei si allontanano dalla terra sulla quale predominano forze titaniche e vio-
        FOCUS lente), a quella del ferro (che riconduce l’uomo alla sua mortalità), i destini
               si separano, ma rimane un mezzo per riannodare i fili dell’umano al divi-
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               no: il sacrificio . L’offerta sacrificale della carne ancora riesce ad attirare
               l’attenzione degli Dei, la loro benevola accondiscendenza verso le aspetta-
               tive umane. La carne, prezioso alimento dell’uomo e simbolo della sua
               capacità di cacciare o di coltivare, di essere insomma signore sulla propria
               terra, viene alienata in una certa parte per essere offerta a coloro che sono
               ormai Assenti. Il sacrificio è un invito, il fumo del fuoco sacrificale, l’aro-
               ma della carne che sale al cielo sono gli strumenti degli uomini per comu-
               nicare con i Celesti. Per questo assai curiosamente il piccolo Hermes, nel
               delizioso mito della sua fanciullezza, ruba i buoi al fratellastro Apollo, li
               pone sul fuoco, ma – vincendo la golosità – non mangia le sue prede: egli
               infatti vuol dimostrare di essere un dio a tutti gli effetti, per quanto picco-
               lo e ancora indifeso in rapporto ai suoi potenti consimili, allora celebra un
               sacrificio a sé stesso e aspira l’aroma della carne rosolata senza mangiare,
               “perché gli Dei non mangiano veramente la carne”. Il sacrificio di carne
               animale è anche un modo per ovviare il più terribile sacrificio della carne
               umana: un rito crudele attestato ancora in tempi storici in regioni vicine,
               soprattutto in Oriente. Il mito di Ifigenia, posta dal padre sull’altare sacri-
               ficale e tuttavia salvata da Artemide, sta a significare appunto la ripulsa della
               cultura greca del sacrificio umano: in tal senso il racconto di Ifigenia ha lo
               stesso valore della storia del (mancato) sacrificio di Isacco, nell’ambito della
               cultura biblica. Esso intende dimostrare che Dio, gli Dei non chiedono
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               l’offerta di uomini morti, ma la fedeltà di uomini vivi .
                  Ma la cultura greca, con i Pitagorici, si spinge anche oltre afferman-
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               do l’inopportunità degli stessi sacrifici animali . L’uomo non deve
               uccidere gli animali per far cosa gradita agli Dei. La dottrina della
               metempsicosi, ovvero della trasmigrazione delle anime, non esclude
               peraltro che in passato un’anima individuale umana possa aver vissuto
               in una forma animale. L’uomo non deve neppure mangiare carne ani-
               male, ma deve seguire una alimentazione vegetariana per conservare la
               propria mente leggera, libera dalla zavorra della gravità terrestre. Il vero
               sacrificio gradito al Divino è appunto l’offerta della propria intelligen-



         Anno
               9 Cfr tutta la seconda parte di J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Roma, 1998.
               10 Assai significativamente, nella cultura islamica, Allah non ferma la mano di Abramo, ma dopo
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                 aver assistito allo sgozzamento del figlio innocente, come premio della fedeltà lo riporta in vita.
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               11 Cfr. N. D’Anna, La religiosità arcaica dell’Ellade, Genova, 1985.
         n.
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