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Cibo degli Dei e cultura degli uomini
riso accondiscese: nessuno avrebbe potuto toglierle Persefone, se non per
qualche tempo limitato, e la divinità della morte ha sempre tempo a suffi- FOCUS
cienza per sé. Gli stessi Dei temevano Ade – o Plutone come eufemisti-
camente si chiamava – e mandarono la divinità più intelligente. Ma prima
che Persefone fosse riscattata, Ade le offrì tre chicchi del frutto del melo-
grano. Questa offerta segnava un legame indissolubile: Persefone, dea
della primavera in fiore, aveva inoculato in sé qualcosa del mondo infero,
era pertanto destinata a ritornare per indefinite volte sotterra esattamente
come la vita vegetale ad ogni autunno si ritrae alle radici scomparendo
dalle regioni della luce. Il mito greco si conclude così con una sorta di
compromesso tra le divinità della vita e della morte: Persefone passerà una
parte dell’anno sottoterra come sposa del Dio degli Inferi e un’altra parte
sulla Terra, a garanzia della sua fecondità, della sua inesauribile vitalità.
5. I frutti del paradiso.
Il mito speculare a quello di Persefone – che appunto evoca il senso
della caducità della vita naturale – è rappresentato dal mito di Ercole,
che conquista l’immortalità olimpica attraverso una serie di prove ini-
ziatiche, la più celebre delle quali contiene ancora una volta il riferi-
mento a un alimento: un frutto. Se Persefone gustando il frutto del
melograno si lega definitivamente al regno dei morti, l’eroe Ercole con-
quistando i pomi d’oro del giardino delle Esperidi si innalza ad una
dimensione superiore all’umano. Le Esperidi, figli del titano Atlante
che sorregge l’Asse del Mondo, sono collocate, come suggerisce la loro
stessa denominazione, in una sorta di paradiso occidentale. Nella sim-
bologia degli antichi l’Occidente evoca il senso del tramonto, della sera
(Espero) dunque della morte, ma il luogo della morte è anche quello
dove l’eroe tenta l’avventura che lo innalza al di sopra della mortalità
umana. Nel mitologhema troviamo in stretta connessione le figure del-
l’eroe, della donna (le Esperidi), dell’albero dal frutto divino ed anche
del drago (creatura simbolica affine per certi versi al Serpente). L’av-
ventura di Ercole che conquista i pomi d’oro ci appare immediatamen-
te come una controparte “pagana” all’avventura di Adamo ed Eva, nel
giardino del paradiso, che come è noto si conclude sciaguratamente,
dopo che il tabù della raccolta del frutto è stato violato. Anno
La nostra carrellata di miti e frutti leggendari non può non concludersi
con un riferimento a Dioniso, il nume del vino. Nume arcaico e selvaggio IV
per certi aspetti, divinità civilizzatrice per altri, Dioniso mostra a ben vede- -
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