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Imparare dalla catastrofe. Riflessioni sul senso odierno del male e della prevenzione ambientale



               destinato a realizzarsi. Gli eventi esistono solo come teoriche possibilità:
               in mente Dei ci sono un’infinità in atto di possibili destinati a non concre-
               tizzarsi che compongono l’intera sfera dell’intelligibile; per cui ciò che
               accade, accade in modo infallibile e certo, benché senza necessità, perché
               vi sono un’infinità di eventi possibili che non raggiungono l’esistenza,
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               motivo per cui il contrario di ciò che accade è sempre possibile .
                  Rivolgendo tutto ciò allo statuto della catastrofe, questa assume il
               duplice e paradossale statuto d’evento necessario e contingente. Il
               mondo è uno soltanto, per cui ogni evento passato è necessario sia ex
               hypothesi, cioè dal punto di vista della prescienza divina, sia perché è
               contraddittorio pensare che non sia stato, essendo indelebile dall’oriz-
               zonte storico. Gli eventi futuri e passati hanno però un identico status
               modale per il quale sono (dal punto di vista della prescienza divina) in
               se stessi contingenti, perché l’evento sarebbe potuto andare in altra
               maniera, o non realizzarsi affatto. Tale struttura concettuale è ancor più
               solidificata nel sentire comune: il passato diviene il regno della neces-
               sità, luogo in cui posso ricostruire una rete di rapporti desumendo che
               le cose non potevano non andare nella maniera in cui, di fatto, sono
               andate; il presente è invece percepito come il regno della libertà e si
               vive il futuro in termini di probabilità.
                  Si evidenziano dunque due diverse immagini contrapposte della previ-
               sione. La prima assume su di sé il peso del futuro in modo da creare un
               profondo legame con il presente; l’altra, reitera i vizi metafisici confidan-
               do sull’infondatezza del principio di pienezza. In entrambi i casi le infor-
               mazioni in nostro possesso non spingono nel modo opportuno ad agire:
               non è sufficiente sapere per accettare quello che si sa ed operare di con-
               seguenza. Ciò è causato dalla reticenza con cui (non) accettiamo le con-
               seguenze di ciò che sappiamo, e dalla difficoltà di credere nell’evidenza dei
               pericoli esistenti, poiché le strutture della metafisica comune indicano
               come potrebbe essere il futuro tra i tanti futuri possibili. Il catastrofismo
               illuminato considera questa derealizzazione del futuro l’ostacolo metafisi-
               co maggiore: se il futuro non è reale, non lo è neppure la catastrofe, e cre-
               dendo di poterla evitare crediamo che questa non ci minacci.


               8 Cf. G.W. LEIBNIZ, Saggi di Teodicea, a cura di V. Mathieu, San Paolo, Milano 1994, §§ 414-417;
                 E. SCRIBANO, L’argomento ontologico da Anselmo a Kant, Laterza, Bari 1994, pp. 129-171; E.
         Anno
                 RANDI, Il sovrano e l’orologiaio. Due immagini di Dio nel dibattito sulla «potentia absoluta» fra
                 XIII e XIV secolo, La Nuova Italia, Firenze, Firenze 1986, pp. 122-123. La questione, non a caso,
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                 è sviluppata da Leibniz in stretta connessione con il problema della giustificazione della bontà e
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