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La delega ambientale: problemi e prospettive


            protezione, a criteri europei di selezione dei siti da designare quali Z.P.S.
               Tanto è sufficiente a dimostrare che il concetto di bene protetto dalle
            normative comunitarie va al di là del bene paesaggistico a cui si riferisce il
            c.d. “condono ambientale”.
               È noto, peraltro, a riguardo che gli interventi in tali zone, ex art. 5
            D.P.R. 357/97, richiede la necessità della valutazione di incidenza ambien-
            tale.
               È pacifico che la competenza alla istituzione delle Z.P.S. è attribuita sia
            allo Stato che alle Regioni (specie dopo la modifica istituzionale del-
            l’art.117: Cass. Pen., Sez. III, 22/11/2003 sentenza n. 44409) ed è altret-
            tanto incontrovertibile che, nel caso in cui le predette aree ricadessero
            comunque nei piani paesistici, a nulla rileverebbe la circostanza che un
            organo unico sia chiamato a compiere la duplice valutazione essendo
            comunque la valutazione di incidenza ambientale e l’autorizzazione pae-
            saggistica atti diversi tra loro.
               In tal senso si era espressa la giurisprudenza per interventi, opere e
            costruzioni in aree protette (parchi nazionali, regionali e riserve naturali)
            ove comunque c’era bisogno di tre distinti autonomi provvedimenti (con-
            cessione edilizia, autorizzazione paesaggistica e, ove necessario, il nulla
            osta dell’Ente Parco) anche se la legge regionale può attribuire ad un solo
            organo una duplice valutazione (in tal caso l’autorizzazione ed il nulla
            osta: Cass. Pen. sez.III, 13 ottobre 1998, n. 12917).
               Da ciò si deduce che la compatibilità paesaggistica prevista dall’art. 1
            comma 37 della delega ambientale non potrà avere effetto anche su siti ed
            habitat a valenza comunitaria.
               La legge delega dedica otto dei suoi 54 commi (co. 9 e co. 25-31) ai
            rifiuti ed è direttamente applicabile nella parte relativa agli emendamenti
            al D.L.vo n. 22/97 e ss. (c.d. “Ronchi”).
               Il primo aspetto, già molto controverso, è la riconferma dell’art. 14 del
            “Ronchi quater” e quindi la riproposizione del tanto contestato concetto
            “nazionale” di rifiuto (il comma 26 afferma testualmente «Fermo restan-
            do quanto disposto dall’art. 14 del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138,
            convertito, con modificazioni, dalla legge n.178/02…»).  12
               Preliminarmente va osservato che l’Italia è sempre stato il Paese della
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            Comunità che ha interpretato in maniera restrittiva la nozione giuridica di
            rifiuto, limitandone la portata e liberalizzando la gestione di gran parte
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