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La delega ambientale: problemi e prospettive


               In tale contesto non deve passare inosservato che la legge 308/2004,
            nel contesto dei principi evidenziati, stigmatizza un approccio di tipo pre-
            ventivo per la risoluzione dei problemi.
               È un metodo sicuramente corretto che deriva, peraltro, dalla constata-
            zione che, spesso, le violazioni ambientali rappresentano un punto di alte-
            razione irreversibile dell’equilibrio ambientale e la sanzione, laddove com-
            minata o comminabile, non è quasi mai sufficiente a riparare gli effetti del
            danneggiamento verificatosi, specie alla luce degli effetti non previsti che
            indubbiamente pervadono l’ecosistema in cui il fatto illecito si concretizza.
               Inquinamento di falde, sversamenti di oli contaminati da “Pcb”, di fan-
            ghi conciari, di polveri di abbattimento fumi, diossina riscontrata nel latte
            vaccino, sui terreni, nel foraggio hanno ripercussioni sulla salute dell’uo-
            mo e diffondono, nella catena alimentare e nell’ambiente circostante,
            sostanze tossiche e nocive sconosciute perfino a chi le subisce.
               Nessuna azione risarcitoria, pur ispirata alla tutela aquiliana di cui
            all’art. 2043 c.c. ovvero alla quantificazione operata dall’art. 18 della legge
            n. 349/86, ossia non solo ad una differenza algebrica tra “prius” e “poste-
            rius” ma anche ad una valutazione prodromica sulla evoluzione dell’even-
            to lesivo ambientale, potrà mai riparare la molteplicità degli effetti irrever-
            sibili che quasi sempre le aggressioni ambientali comportano.
               Specie se questi effetti lesivi non si colgono o, addirittura, non si cono-
            scono nella loro evoluzione.
               Tale procedura, in cui il danno è l’oggetto della tutela, non va confusa
            con quella relativa al “danno” arrecato in zone paesaggisticamente vinco-
            late.
               A riguardo già l’art. 15 della legge n. 1497/1939 (rafforzata nel merito
            dal D.L.vo n. 490/99 prima e dal D.L.vo n. 42/2004 poi) prevedeva un’in-
            dennità pari alla maggiore somma tra il danno arrecato ed il profitto con-
            seguito mediante la commessa trasgressione stabilendo implicitamente
            che il danno ambientale non era l’oggetto della tutela ma solo il criterio
            quantitativo di commisurazione della sanzione atteso che questa poteva
            essere comminata anche in mancanza di danno (Cons. Stato Sezione IV,
            12 novembre 2002 n. 6279).
               Tornando allo specifico strumento per il risarcimento del danno             .1
            ambientale, si deve considerare che la norma istitutiva del Ministero          oI-n
            dell’Ambiente e della tutela del territorio, riferendosi al danno ambientale   n
                                                                                           n
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