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La ripresa della natura: le riflessioni del cinema su un concetto ambiguo
all’utilizzo di nuovi mezzi formativi, al fine di liberare progressivamente il
potenziale educativo delle “immagini in movimento”. Si può facilmente
evitare di cadere nella noncuranza ambientale se ammettiamo un’unione
d’intenti nelle differenti qualità specifiche della scrittura e della cinemato-
grafia, se pensiamo che il modo in cui si documenta la natura è sempre un
atto estetico eticamente orientato. Come per il Ragazzo selvaggio (1970) di
François Truffaut, a noi rimane solo il compito di imparare nuovamente
ad ascoltare e guardare.
Oltre ad essere un mezzo didatticamente valido ed interessante se pre-
sentato nella giusta maniera, il cinema «è potenzialmente uno strumento
per ripensare il mondo attraverso lo sguardo, poiché il cambiamento di
punti di vista (montaggio) e il loro slittamento (movimenti della cinepre-
sa) incarnano tecnicamente il movimento dello sguardo e del pensiero, la
possibilità di guardare una cosa da molti lati, di avvicinarsi e allontanarsi,
di allontanarsi anche da se stessi e di guardarsi attraverso il rapporto fra le
immagini» [Bernardi, 17]. Il cinema, nonostante sia stato tacciato di rela-
tivismo, falsità o ideologia, è un moltiplicatore dell’immagine, mostra dif-
ferenti Weltanschauung indispensabili per la ricostruzione del concetto di
natura. Sopra ad ogni altro linguaggio, attraverso la sinestesia che crea e
permette, è oggi l’arte che più si avvicina a ciò che non potremo mai rea-
lizzare: guardare il mondo con gli occhi di un altro.
Bibliografia
ARECCO, S. 2001 - Il paesaggio del cinema, Genova, Le Mani.
BERNARDI, S. 2002 - Il paesaggio nel cinema italiano, Venezia, Marsilio.
CABRERA, J. 2000 - Da Aristotele a Spielberg. Capire la filosofia attraverso i film, Milano,
Paravia.
MORANDINI, M. 2004 - Dizionario del cinema 2005, Bologna, Zanichelli.
RITTER, J. 1994 - Paesaggio. Uomo e natura nell’età moderna, Milano, Guerini e
A
Associati.
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