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La ripresa della natura: le riflessioni del cinema su un concetto ambiguo


            salimenti del cuore» [Morandini, 153]. Il film, oltre ad essere un singolare
            caso in cui appartenenti al Corpo Forestale dello Stato furono realmente
            impiegati come comparse ed attori non protagonisti, ha il merito di intro-
            durre un immaginario naturale che non è mai un retroscena o un contor-
            no illustrativo, ma presenza viva, complemento insostituibile all’articola-
            zione narrativa della storia. Barnabo delle montagne è un film in cui lo sfon-
            do interagisce con gli attori fino al punto di poter immaginare la storia
            ambientata esclusivamente in quel luogo e non in un altro; in questo caso
            «il recupero estetico e la rappresentazione della natura in quanto paesag-
            gio hanno la funzione positiva di mantenere aperto il legame dell’uomo
            con la natura, dandogli la possibilità di esprimersi nella parola e nello
            sguardo» [Ritter, 60].
               Al contrario il cinema è egualmente stracolmo d’esempi non riusciti,
            stucchevoli e deprecabili, in cui l’uso di un particolare ambiente naturale
            è volutamente pretestuoso. Dalla giovane Brooke Shield di  Laguna blu
            (Kleiser, 1980) ai novelli Adamo ed Eva del tristemente famoso Paradise
            (Gillard, 1982), l’incanto di un tremendo e falso Eden è solo una sempli-
            ce cornice per una vicenda sostanzialmente avvolta sull’uomo, in cui il
            paesaggio dovrebbe far da mediatore per un impossibile ritorno alla natu-
            ra incontaminata, dopo la perdita dell’innocenza.
               Negli esempi citati, tuttavia, gli interpreti delle pellicole, dotate di bel-
            lezza o meno, si rapportano alla natura secondo una norma che potrem-
            mo generalmente definire romantica, d’essenziale vicinanza e concordia
            con l’ambiente, già tematizzata dalla letteratura inglese di Wordsworth e
            Coleridge o da Schiller ed Humboldt sul versante tedesco. In questi casi
            non si tratta di esternare un panteismo naturalista, ma d’interpretare la
            natura nel suo rapporto con la sensibilità dell’uomo e di rappresentarla
            quale si rispecchia nell’interiorità. I romantici hanno tentato questa media-
            zione tra pensiero e natura dando voce alla vita del macrocosmo univer-
            sale così come si rispecchia nel microcosmo individuale. Ma è anche in
            opposizione alla scienza moderna ed al tentativo di leggere il “grande
            libro” della natura in termini matematici, che il romanticismo preannun-
            cia il risvolto negativo del Metodo Sperimentale: questo può portare alla
            separazione tra uomo e mondo, all’indifferenza ed alla fredda vivisezione      .1
            scientifica della natura.                                                      oI-n
               Oggi le medesime critiche e perplessità circa l’atteggiamento della         n
                                                                                           n
                                                                                           A
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